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“La gioia della fede” le parole del Cardinale Martini in occasione dell’Ordinazione episcopale di Monsignor Gestori

DIOCESI – Questa sera, domenica 8 gennaio, alle 21.00 verrà celebrata la Veglia di Preghiera presso la Cattedrale Madonna della Marina dove domani, lunedì 9 Gennaio, alle ore 15.00 verranno celebrate le esequie di Mons. Gestori.

Oggi vogliamo proporvi l’omelia che il Cardinale Martini pronunciò in occasione dell’Ordinazione episcopale di Monsignor Gervasio Gestori, avvenuta il 7 settembre 1996 a Milano.

Una nuova chiamata alla santità.
Con profonda e commossa gioia celebriamo oggi l’Ordinazione episcopale di Monsignor Gervasio Gestori, e lo facciamo in comunione con Giovanni Paolo II che l’ha chiamato all’Ordine episcopale e che ringraziamo di tutto cuore per questo dono.
Dono che riguarda non solo le antiche Chiese di San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto, ma riguarda pure la Chiesa ambrosiana e la Chiesa universale di cui, carissimo Monsignor Gervasio, vieni ad essere partecipe del governo e della responsabilità insieme con il collegio dei Vescovi.
Esprimiamo dunque il nostro vivissimo grazie e la nostra gioia, mentre siamo in comunione con le Chiese sparse nel mondo, in particolare con i ventidue Vescovi presenti e concelebranti – che saluto con affetto e ringrazio per essere con noi -, e in comunione con la Chiesa celeste. Penso anzitutto ai tuoi genitori, carissimo Monsignor Gervasio, al tuo zio sacerdote che il Signore ha già chiamato a sé, a tutti i santi del cielo che contemplano la gloria di Dio. Tra i santi, mi è caro menzionare tre Vescovi: Ambrogio, patrono della diocesi ambrosiana; il beato Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster, che ti ha accolto in Seminario; il servo di Dio Paolo VI, che ti ha ordinato presbitero il 28 giugno 1959. Desidero anzi riascoltare alcune delle parole che l’allora Arcivescovo Giovanni Battista Montini pronunciò quel giorno per gli ordini preti, parole che ti devi avere bene impresse nella memoria e alle quali sei rimasto fedele in questi anni:
“Caratteristica dei preti dev’essere lo spirito di sacrificio. Se cercate voi stessi, vivrete in contraddizione, se cercate di dare voi stessi, vivrete in armonia con il nostro tempo e con il genio di questa età. La nostra autorità, tanto grande e grande eccellente, diventa ciò che il Signore vuole, cioè servizio, umiltà, amicizia, colloquio da cuore a cuore, da persona a persona. E ciò domanda a noi un’intensa vita interiore, un tu per tu con Cristo”.
Tali atteggiamenti – servizio, umiltà, amicizia, colloquio da cuore a cuore – ti sono stati richiesti nell’impegno culturale ed educativo che hai profuso nei Seminari milanesi, nell’impegno pastorale a Melzo e poi, quale sottosegretario della C.E.I., in un’opera che ha varcato i confini della nostra nazione, come è testimoniato anche dalla presenza, questa sera, di tanti Vescovi di diverse regioni del mondo. E, da ora, li vivrai con gioia a servizio del popolo che ti viene affidato.
Certamente, caro Monsignor Gervasio, l’ordinazione episcopale comporta un salto di qualità, una novità nella tua esistenza umana e spirituale; una novità, però, che è in continuità con quanto hai vissuto da prete. Comporta una nuova chiamata alla santità, corrispondente alla nuova effusione di Spirito santo, Spirito di forza, di saggezza, di amore, di donazione, che io sto per invocare su di te.
Le figure di Ambrogio, di Schuster e di Paolo VI mi spingono a rileggere brevemente le tre letture liturgiche, associandole a ciò che loro oggi ti dicono, a partire dalla loro vita e dal loro messaggio.

Un annuncio di consolazione e di letizia
La prima lettura, che abbiamo ascoltato, riporta tre versetti tratti dal capitolo 61 del Libro di Isaia. Versetti che parlano di te, carissimo don Gervasio, che vieni inviato da Dio per una missione precisa e, perciò, vieni dotato del dono dello Spirito, vieni unto e consacrato.
Il contenuto di tale missione è un annuncio di liberazione, che consola e allieta al punto da cambiare il lutto in festa e in gioia.
È l’augurio che noi ti facciamo: sia sempre il tuo annuncio pieno di consolazione, capace di allietare e persino di cambiare un lutto in luce di speranza. Un annuncio, il tuo, che squarcia le tenebre della notte del mondo. Talora, è vero, esso è anche rifiutato e devi anche prepararti anche al rifiuto, ma in ogni caso è un annuncio che chiede all’apostolo, e al successore degli Apostoli, di rimanere sempre relativo a Cristo, di conformarsi a lui Buon Pastore.
Vorrei citare in proposito un passo del nostro Vescovo Ambrogio, che paragona i Vescovi proprio ai pastori di Betlemme: “Cristo nasce e i pastori cominciano a vegliare per radunare nell’atrio della casa del Signore le greggi dei Gentili…Ben si dice che i pastori vegliano, perché è lo stesso Buon Pastore il loro modello di vita. Il gregge è il popolo, la notte il mondo, i pastori i Vescovi”.
E tu sarai questo pastore annuncerai il Vangelo alla porzione di Chiesa cui il Papa ti manda, sapendo che – per ricordare un’altra parola di Ambrogio – “tutto è Cristo per te”, così come lo è stato nei lunghi anni del tuo servizio ai nostri Seminari, negli anni del ministero di Parroco a Melzo, nel tuo prezioso incarico alla C.E.I.
Ambrogio, che ha annunciato il Vangelo in un’epoca difficilissima per la Chiesa, ti è vicino nel tuo ministero alla vigilia del 2000 e ti accompagna nel cammino che ti attende.

Immolato per la Chiesa
La seconda lettura, dalla Seconda Lettera di Paolo ai Corinzi, sottolinea che il ministero apostolico si fonda sull’agire divino, sulla misericordia divina, e che l’apostolo predica non sé stesso, bensì Cristo crocifisso e Signore.
Paolo, in particolare sembra, fare riferimento alla sua esperienza di Damasco, per affermare anzitutto l’azione di Dio che rifulge nelle tenebre; poi l’azione di lui stesso, fatto servo di Cristo; quindi il fine dell’apostolato, cioè il fare rifulgere sul volto di ogni uomo l’essere divino, la gloria del volto di Cristo.
Questo è il ministero, carissimo don Gervasio: tu sei chiamato a illuminare i cuori della gente, a illuminare il loro volto con un riflesso della luce del volto di Gesù; sei chiamato a rendere gli uomini coscienti del grande dono della fede, a santificare il popolo di Dio lasciandoti illuminare tu stesso dalla luce di Dio, come faceva il Cardinale Ildefonso Schuster che ti accolse in Seminario e che non si sottrasse mai a nessuna fatica pur di illuminare le coscienze, che viveva tutte le fatiche dell’episcopato quale immolazione per il bene della Diocesi. È bello ricordare che proprio 67 anni fa come oggi, il 7 settembre 1929, il beato Cardinale venendo da Vigevano per entrare in Milano, si fermò quando giunse al Ticino per baciare la terra, spiegando che quel gesto voleva essere segno della sua immolazione per il popolo di Ido che gli era affidato.
A me pare che l’Arcivescovo Schuster desidera oggi non solo incoraggiarti, ma pure ringraziarti per quanto hai fatto, in particolare, nei nostri Seminari milanesi, per il tuo servizio di docente e di Rettore nel liceo di Venegono, Seminario da lui tanto amato e dove concluse la sua vita terrena. È lui che ti ringrazia, ti incoraggia, ti sorride, ti invita a guardare alla luce di Cristo, allo splendore del volto di Gesù, per poterti chinare sul tuo popolo.

La tua gioia sia piena
La pagina evangelica, tratta da Giovanni 15, parla di una vocazione apostolica che nasce dall’amore: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Poi parla del frutto della gioia: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
È un altro augurio per te: spinto dall’amore, tu porterai il frutto della gioia ai fedeli che ti attendono, testimonierai sempre la gioia della fede.
A riguardo, richiamo un passo molto bello di Paolo VI, nella Esortazione Apostolica Gaudete in Domino, mentre anticipo che nel prossimo anno pastorale, insieme con altre commemorazioni centenarie, sarà il centenario della nascita di Giovanni Battista Montini.
Scrive dunque il Papa:
“È importante cogliere bene il segreto della gioia inscrutabile che dimora in Gesù, e che gli è propria. È specialmente il vangelo di Giovanni che ne solleva il velo, affidandoci le parole intime del Figlio di Dio fatto uomo. Se Gesù irradia una tale gioia…è a causa dell’amore ineffabile in cui egli sa di essere amato dal Padre”. Segno dell’amore del Padre per te, carissimo Monsignor Gervasio, è questa consacrazione in cui il Padre invia su di te lo Spirito in pienezza di dono. Continua il Papa: “Tutti i discepoli di Cristo sono chiamati a partecipare a questa gioia che comincia fin da quaggiù…È la gioia del Regno di Dio, ma essa ci è accordata su di una via scoscesa che richiede una totale fiducia nel Padre e nel figlio, e una preferenza data al Regno…La gioia del Regno portato a compimento non può scaturire quaggiù che dalla celebrazione congiunta della morte e della risurrezione del Signore”, cioè dalla Eucaristia che tu celebrerai ogni giorno, sempre in comunione con il tuo popolo.
Queste parole, che sono un messaggio e un augurio di gioia, Giovanni Battista Montini le ripete ancora una volta a te, augurandoti la gioia della fede, la gioia di sentirti amato dal Padre, la gioia di portare ad altri tale messaggio. Te lo ripete insieme con tutti i santi, con l’affetto di quando ti consacrò sacerdote, mentre ti affida – e noi ti affidiamo con lui – alla materna, vigile protezione di Maria, Regina degli Apostoli e Madre nostra.

Patrizia Neroni: