Filiera corta e biologico, un binomio sempre più presente tra le aziende agricole della nostra regione. E così, nei mercati agricoli, sono sempre più numerose le realtà che fanno della certificazione bio la propria bandiera.

Nella rete di Campagna Amica, che conta quasi 400 realtà tra mercati coperti e rionali, botteghe e punti vendita aziendali, le aziende certificate bio sono già circa il 30% e il trend è in costante crescita. Dopotutto le Marche, pioniere del settore, registrano da tempo una situazione numeri importanti che pongono la regione tra le più green d’Europa. Le superfici biologiche sono più che raddoppiate negli ultimi 10 anni, raggiungendo il 24,7% della superficie agricola (contro la media italiana del 17% e quella europea del 9%) e con quasi 4.500 operatori iscritti all’Albo regionale. “Il valore del biologico – spiega Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – si esprime ancora di più quando le tecniche di produzione non vengono applicate solo da una singola azienda agricola, ma quando avvengono a livello di territorio. Le aziende, insieme, possono impegnarsi in maniera condivisa nel migliorare le performance ambientali dell’area interessata e attivare sinergie rispetto alla gestione dei residui compostabili: reflui zootecnici, residui delle potature e rifiuti organici, trattati in impianti di compostaggio del territorio possono favorire la gestione dei rifiuti e produrre ottimo compost, un prezioso fertilizzante organico”. Un sistema di coltivazione che ha trovato sempre più spazio nel carrello della spesa dei consumatori con i 5 miliardi di euro di consumi interni (+131% negli ultimi 10 anni secondo Nomisma) e i 3,3 miliardi di euro (+181%) di export. Anche da queste opportunità muove i passi il Biodistretto unico delle Marche. Un’idea italiana che rappresenta un modello per tutta l’Europa e che può portare le aziende marchigiane a promuovere unitariamente tutto il territorio visto anche che oltre un viaggiatore su cinque sceglie le Marche per i suoi paesaggi naturali, il 16% per i prodotti tipici locali (4 punti in più rispetto alla media italiana) e c’è anche un 4% che cerca la ristorazione di eccellenza, secondo l’Osservatorio sull’Economia del Turismo delle Camere di Commercio.

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