Di Pietro Pompei

DIOCESI – “Evviva la Madonne de Lurete, per Natà ce manche mizze mese”; nella sua semplicità questo ritornello racchiude una ricchezza di tradizioni e di ricordi che non ha mai assunto il semplice tono folcloristico, al contrario ha inciso in modo determinante nella vita di molti di noi. “Le fochere” saranno riproposte in molti luoghi delle nostre città e delle nostre campagne nella sera del 9 dicembre, nonostante un dispettoso freddo umido, ma non ci sarà quell’alone di sana tradizione di un evento che si voleva prodigioso, perché più rispondente ad un sentimento religioso che la presenza della casetta di Nazareth sui nostri colli è in grado di suscitare. Fede e ragione, vanno a braccetto, ce lo dice il Papa, ed è vero, ma tante volte un po’ di sana fantasia, impedisce che l’una e l’altra inaridiscono.

Il suono festoso delle campane alle tre di notte a ricordarci che in quell’ora la pietà popolare poneva il passaggio della Santa Casa nel nostro cielo, non si udrà più e sarebbe inutile ripristinarlo, quando a quell’ora i nostri figli stanno ancora ad inebetirsi nelle discoteche. Eppure quei risvegli, seppure fastidiosi, assumevano lo stupore di un Mistero a cui si accompagnava una preghiera piena di fervore che non si fermava all’incredulità storica del fatto. Sono rimaste “le fochere” con qualche rapida recita del rosario e con i molti dolci dei volenterosi, ma non hanno il sapore dei “frettejétte”, con una spruzzata di uva passa, che le nostre mamme strappavano alla frugalità del nostro tempo. Intorno a quel fuoco si faceva comunità, si dava spazio al racconto dei nonni, che portavano nei ricordi e nell’aspetto i segni della lotta per la vita . Allora la presenza della Madonna di Loreto era palpabile nell’invocazione di aiuto nella tempesta, nell’urlo del naufrago che in quel nome aveva chiuso l’esistenza. “La fochera” era un fatto religioso che rendeva ancor più stridente il freddo della capanna del Presepe per il quale già si allestiva un angolo della casa con l’odore umidiccio del muschio.
Nostalgia? No. Preoccupazione? Si. Quando un falò non ci dà più la gioiosa sensazione del caldo, abituati come siamo all’aria condizionata, e il fuoco non vince la luce delle lampade, occorre rifletter sull’innaturalezza di tale situazione e chiederci se siamo andati troppo in là di quanto ci è consentito. È inutile radunarsi in migliaia, come in questi giorni, per porre rimedio ai nostri consumi scellerati. Sarà stato ingenuo credere ai pini inginocchiati al passaggio della “Madonna dei cuppette” lungo la costa a ridosso della ferrovia, mentre ci si avvicina a Loreto, ma sicuramente molto più gratificante dei tornado che li sradicano e li coinvolge nella loro spirale distruttiva.
Quei tocchi di campana che ci richiamavano al Mistero, potrebbero ancora dire qualcosa solo se torniamo a rimettere al loro posto la notte e il giorno.

A San Benedetto del Tronto, dopo lo stop imposto dalla pandemia, torna la tradizionale manifestazione “Reppeccème le fòchere“!
Tradizione tra le più antiche e sentite in città, la sera di venerdì 9 dicembre sarà illuminata dall’accensione di falò (le fòchere, appunto) in diversi quartieri di San Benedetto, così da illuminare il passaggio della Santa Casa diretta a Loreto.
L’iniziativa è organizzata in collaborazione con i Comitati di quartiere, le Parrocchie e di diverse associazioni cittadine.
Come sempre, la cittadinanza potrà spostarsi da una “fòchera” all’altra utilizzando un servizio di bus navetta organizzato per l’occasione.

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