Ufficio della Caritas Spes di Odessa (Foto Sir)

M. Chiara Biagioni

(da Odessa) “Anche se la guerra dovesse finire domani, il lavoro della Caritas non solo continuerà ma aumenterà perché dovrà sanare tutte le ferite che il conflitto ha provocato e le povertà in aumento”.

P. Piotr Rosochacki, direttore Caritas Spes Odessa (Foto Sir)

A parlare è padre Piotr Rosochacki, direttore della Caritas Spes Odessa. Ci accoglie in uno degli uffici presenti in città dove un gruppo di ragazzi sta lavorando. La guerra qui ha provocato un contraccolpo “travolgente” tanto che alla Caritas Spes di Odessa lavorano circa 45 persone salariate ed “un esercito di volontari”. Il lavoro è tantissimo. In città sono attivi 4 centri di distribuzione di cibo, prodotti per l’igiene, vestiario ed un centro di aiuto economico alle persone in difficoltà. I centri sono aperti tutti i giorni per cinque ore e in media ogni giorno vengono distribuiti dai 200 ai 300 pacchi. Ad accedere a questi servizi sono gli sfollati interni, persone in fuga dalle zone di guerra, in particolare da Kherson, Mykolaiv e Mariupol. Per lo più mamme sole con bambini.“Con la liberazione delle forze russe da queste città, chiediamo se hanno intenzione di ritornare a casa”, racconta il sacerdote. “Ma loro ci rispondono che non sanno dove andare e ci mostrano le foto delle loro case che sono completamente distrutte, spesso addirittura rase al suolo. Come fanno a ricostruirle, visto che sono ridotti in povertà?”.

Odessa, Caritas Spes (Foto Mitya Kobrinsky)

Ma non sono solo gli sfollati a chiedere gli aiuto. Sono in continuo aumento i poveri, le persone cioè di Odessa che già prima della guerra avevano difficoltà economiche e che oggi si ritrovano strozzati da un’inflazione galoppante. “Ci siamo accorti – racconta padre Piotr – che nel centro dove vengono distribuiti i vestiti, le persone cominciavano a chiederci coperte e sacchi a pelo. Abbiamo così scoperto che non avevano più una casa dove andare a dormire e avevano bisogno di proteggersi dal freddo”. La crisi, la fame, la disoccupazione sono gli “effetti collaterali” di una guerra che miete vittime non solo sui campi di battaglia ma anche in città.I prezzi sono saliti alle stelle e se prima un pacco di grano saraceno costava 30 grivne, oggi il costo del prodotto è quasi quadruplicato arrivando a 100 grivne.

Odessa, Caritas Spes (Foto Mitya Kobrinsky)

Con la guerra, le aziende hanno cominciato anche a ridurre gli stupendi di un terzo e a tagliare tutti i benefit. Ma questa fetta di lavoratori sono i più fortunati. Molte realtà produttive hanno chiuso. Altre hanno ridotto la produzione e moltissimi hanno perso il lavoro. Odessa è una città portuale costruita sul mercato dei commerci e degli scambi del Mar Nero. Con la guerra si è fermato tutto. I marinai e gli operatori portuali sono da mesi a casa senza lavoro e anche se gli accordi sul grano hanno ridato movimento e fiato a questa fetta di mercato, tutto il resto dei commerci è ancora fermo e “la povertà aumenta”. La Caritas Spes di Odessa partecipa insieme ad altri organismi presenti sul territorio ad un progetto pilota di aiuto economico alle persone. Si tratta di un servizio di erogazione di soldi in contanti che vengono erogati in base ad una registrazione e in modo particolare a pensionati, over 65 e nuclei familiari numerosi. Si tratta di un aiuto che vuole garantire il rispetto della dignità delle persone che chiedono aiuto tanto che al centro si viene accolti da una scritta:

“Non siete sfollati, ma ospiti di questa città”.

Odessa, Caritas Spes (Foto Mitya Kobrinsky)

“Nella mia esperienza, ho capito che non sempre è possibile aiutare tutti. Abbiamo dovuto quindi fare delle scelte e abbiamo scelto di dare priorità alle famiglie e ai bambini”. A bussare alle porte della Caritas sono soprattutto donne. Spesso arrivano con alle spalle storie di lutti familiari, con mariti e figli spesso morti sul campo di battaglia. Ma le vere vittime di questa guerra sono i bambini. “Avevano trascorso i due anni del Covid in isolamento. E quando è finito il lockdown, è scoppiata la guerra. Le lezioni hanno continuato ad essere online ma spesso la Dad non funziona. Le reti saltano. Gli allarmi suonano in continuazione. Non ci sono più spazi sicuri dove poter giocare”. Il Centro “Casa della Speranza” sempre della Caritas Spes cerca di offrire uno spazio non tanto per farli studiare ma per “dar loro la possibilità di vivere un’infanzia normale”. La Caritas ha anche avviato un progetto pilota di supporto psicologico richiesto da un numero crescente di persone che avvertono sindromi post-guerra. Si va dalla paura di sentire “i rumori e i suoni” della guerra, alla elaborazione del lutto. È stato anche proposto un corso per adulti e insegnanti su come raccontare e spiegare ai bambini la guerra.

Elona Aliko, capo progetto Condivisione fra i Popoli

Un lavoro enorme. Padre Piotr ci confida che tutto è stato possibile solo grazie alla solidarietà che qui in Ucraina è arrivata dal tutto il mondo, dall’Australia alla Corea. C’è anche tanta Italia dietro alla solidarietà. Tra le diverse realtà, anche il progetto “Razom z Ukrainoiu – iniziativa di emergenza a sostegno della popolazione colpita dalla crisi in Ucraina”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Ente capofila del progetto è Focsiv in collaborazione con Arcs Arci culture solidali Aps, Ibo Italia, Missione Calcutta Onlus e Condivisione fra i Popoli. “L’iniziativa – spiega Elona Aliko – intende garantire assistenza umanitaria alla popolazione vittima della crisi umanitaria in corso, attraverso la fornitura di beni e servizi essenziali nelle aree colpite dal conflitto e nelle località limitrofe. Il progetto si sviluppa nelle zone di Ivano Frankivska, Chernivetska e Odessa in partenariato con attori locali”. Elona è a Odessa dal 26 ottobre e rimarrà per sei mesi. “Il nostro partner è Caritas Spes Odessa e sono il capo progetto espatriato di Condivisione fra i Popoli, la ong della Comunità Papa Giovanni XXIII.Stare al loro fianco mi concede la possibilità di conoscere tantissime persone che giornalmente si spendono nell’aiutare il prossimo, che hanno scelto di rimanere nonostante tutto. Stare insieme a loro significa vedere, toccare e vivere la crudeltà e il dolore della guerra”.

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