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La tragedia sacra di San Benedetto Martire

Foto Girolami

Parti di uno scritto di Pietro Pompei

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La tragedia sacra di San Benedetto Martire è stata scritta dal Pievano Giuseppe Maria Polidori

L’ AUTORE : G.M. POLIDORI
Sappiamo che fu Pievano della Chiesa di S.Benedetto Martire dal 1705 al 1741. Nativo di Monteprandone, fu chierico per alcuni anni presso il Pievano Luca Merli e potè seguire de visu , sia la traslazione delle reliquie del Santo, avvenuta il 12 giugno 1679, e sia la copiatura delle pitture( poste alle pareti della Chiesa, ormai deteriorate, riguardanti il Martirio di Benedetto), eseguita, nell’anno 1697, dal pittore fiammingo Francesco Legny :“ attese nel tempo della restaurazione della Chiesa fosse detta pittura tolta dalla muraglia dalla nuova calge, che levò a noi una sì bella e antica testimonianza”. (Inventario della Chiesa, 1711). Divenne Pievano della Chiesa di S.Benedetto Martire nel 1705 e si trovò subito a difendere la memoria del Santo Patrono, quando il Vescovo di Ripatransone Mons. Giosafatte Battistelli, nel 1707, su disposizione della Sacra Congrgazione dei Riti, ne proibì il culto. Polidori preparò un esposto da presentare alla Congregazione dei Riti e fu il principale ed assiduo animatore della Causa dibattuta a Roma , ottenendo nel 1714 il ripristino dell’antico culto.
Autore “preciso ed esatto nei suoi scritti”,( come annota lo storico Cav.Neroni) di un Cartolario e di un minuzioso Inventario, ha dimostrato sempre una grande devozione verso il nostro Martire e si è fatto premura di conservare, in ogni occasione, la sua memoria . Scrisse anche un Panegirico del Santo che dovette suscitare l’ammirazione dei contemporanei se, copia, fu conservata nell’Archivio Diocesano, ma, purtroppo, è andata perduta.
Scrisse anche una Tragedia Sacra, il cui manoscritto, fortunatamente, ci è pervenuto, e fu rappresentata nell’antica Chiesa della Marina, andata distrutta dopo l’alluvione del 1898. Ottenne il permesso dell’allora Vescovo di Ripatransone Mons. Francesco Andrea Correa (1726-1738), uomo di ottimi costumi e di santa vita.” Concediamo licenza al Sig. Abbate Giuseppe Maria Polidori pievano di S.Bened: di poter recitare la presente tragedia di S.Bened: martire nella chiesa di S.Maria della Marina di d.luogo; come pure concediamo licenza alli chierici, ancochè sacerdoti di poter recitarci…Dato in S.Bened: in occasione sagra visita questo di 16 Maggio 1732…AND.a Vesc.° della Ripa”.

TRAGEDIA SACRA DI S. BENEDETTO MARTIRE

PREMESSA
Tutta la tragedia è imperniata sull’AMORE , inteso in tutte le sue manifestazioni.
C’è l’AMORE, fatto di attrazione fisica, di concetrazione di pensieri, di interessi verso la persona amata. E’ l’amore possessivo, non disgiunto spesso dal sentimento di gelosia.
C’è l’AMORE paterno che vorrebbe felici le persone amate, ma che si rivela incapace di uscire dal proprio egoismo, non disposto a nessuna rinuncia, trasformandosi, come nel personaggio del Governatore Grifo, in danno per sé e per gli altri.
C’è l’AMORE passionale, che si ferma all’apparenza, sviluppato in un gioco di equivoci, tipico della commedia dell’arte.
C’è anche l’AMORE che si fa dono, che “dà prova- come scrive Clemente Alessandrino-di un’opera di amore perfetta”. L’amore come espressione massima della carità, è guidato dal desiderio e dalla piena volontà di darsi a Dio. Esso giunge al limite più sublime della perfezione nell’abbandono cosciente e totale delle realtà più care, così come avvenne in Benedetto. E questo amore si fa contagioso, riuscendo a coinvolgere, e lo possiamo vedere nello svolgimento dell’azione tragica, tutte le persone e le amicizie alle quali si era stati fino ad allora umanamente legati. E’ un amore questo che non teme la morte. Scrive Origene: “L’anima che ha ricevuto la ferita d’amore, anche se abbandona il corpo alla spada, non avvertirà la ferita del corpo a causa della ferita d’amore”.
Nella Tragedia vi è, anche, l’esaltazione del MARTIRIO che “per i padri è la perfezione; non è solo un’esperienza dolorosa ed eroica della Chiesa primitiva, ma un ideale che interpella in continuazione la Chiesa di Cristo, una necessità vitale a cui è legata la sua stessa esistenza, il fine a cui tende tutta la vita cristiana”. (C.Noce- il Martirio-pag. 8-1987). C’è un continuo invocare la morte da parte dei convertiti, per poter accedere quanto prima alla Patria celeste. Nel Martirio “c’è quell’amore alla morte-scrive il teologo K. Rahner- che il cristiano deve avere e cionondimeno non può realizzare uccidendo se stesso. Qui viene compiuto ciò che Gesù dice della sua morte:ho la potestà di offrire la mia vita.Lì, dove apparentemente tutto è violenza estranea, è vero più che in ogni altra morte: nessuno mi toglie la vita, io stesso la offro. E appunto questo accade nella morte del martire”.

PERSONAGGI
Benedetto: soldato romano, convertitosi al Cristianesimo.
Fruttola: figlia del governatore Grifo e promessa sposa di Benedetto.
Prospero: eremita, responsabile della chiesa locale.
Grifo: signore e governatore della città di Cupra
Ismeria: figlia secondogenita di Grifo,sorella di Fruttola.
Andronico: duca e nipote di Parmenio, Prefetto di Orvieto, promesso sposo di Ismeria.
Procomio: consigliere di Grifo
Severo: Capitano della guardia
Pandolfo: sacerdote del tempio della dea Cupra.
Un Angelo del cielo.

Tutta l’azione si svolge nelle stanze del palazzo del Governatore Grifo.
La tragedia si compone di tre Atti. Il primo è suddiviso in 13 scene; il secondo in 14 e il terzo in 19.

Redazione: