SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Tra una settimana le scuole riapriranno, ma, prima di tornare alla consueta routine giornaliera, fatta di lezioni, compiti e studio, vogliamo sentire dalla diretta voce dei ragazzi e degli animatori come hanno vissuto nella loro parrocchia l’estate appena trascorsa. Incontriamo oggi Sofia Cristofori e Amelia Antelli, due giovani che frequentano la parrocchia di Sant’Egidio Abate e che ci raccontano l’esperienza del campo scuola organizzato nelle comunità parrocchiali di Sant’Egidio alla Vibrata, la prima in veste di animatrice e la seconda in veste di partecipante.

Così racconta Sofia: “All’inizio dell’anno, quindi a gennaio, il parroco mi ha chiesto se volessi partecipare al campo scuola estivo come animatrice. Ho accettato subito sia perché in passato già mi ero cimentata in esperienze del genere, sia perché ho 18 anni e, frequentando il Liceo Classico, d’estate ho del tempo libero. A qualcuno potrà sembrare strano che già a gennaio pensassimo ad un evento da vivere in estate, ma, in realtà ci siamo mossi con i giusti tempi, perché l’organizzazione di un campo scuola richiede impegno, sacrificio e tempo. Inoltre non si è trattato di un evento parrocchiale, bensì di un’esperienza che ha riguardato tutte le comunità di Sant’Egidio alla Vibrata, quindi la nostra parrocchia di Sant’Egidio Abate, guidata da don Luigino Scarponi, la parrocchia di San Giuseppe di Paolantonio, guidata da don Marco Claudio Di Giosia, e la parrocchia di Santa Maria della Misericordia di Faraone, guidata da don Elvezio di Matteo. Nonostante la fatica dei preparativi, siamo riusciti a coinvolgere 7 animatori per ben 40 ragazzi dai 12 ai 15 anni che abbiamo ospitato presso la struttura Agricalifornia di Atri dal 14 al 21 agosto, facendo trascorrere loro un Ferragosto sicuramente alternativo. I ragazzi si sono divertiti molto e sono stati felicissimi: l’ho potuto capire dalle risate a cui ho assistito durante l’intera settimana e dalla tristezza che avevano l’ultimo giorno, mentre lasciavamo la struttura per tornare a casa. Certamente, come succede spesso quando si partecipa ad un’esperienza in comitiva, c’è sempre chi ne resta più entusiasta e chi meno, ma credo che nel complesso sia stata un’avventura piacevole per tutti loro! Approfittiamo comunque della presenza di Amelia, che l’ha vissuta da protagonista insieme ai suoi amici, per sapere direttamente da lei come ha trascorso quei giorni.”

“Io ho 14 anni – spiega Amelia – e, avendo terminato gli esami di scuola media a giugno, avevo tutta l’estate libera, perciò ho accettato con piacere di partecipare a questo viaggio. Sinceramente non sapevo bene cosa aspettarmi ed avevo anche qualche dubbio su come sarebbe andata. Invece, ora che è finita, posso dire che è stata un’esperienza meravigliosa che ha unito ragazzi ed adulti come se fossimo un’unica famiglia. Non vedo l’ora di ritornare! Abbiamo fatto tante cose e vissuto tanti momenti significativi in quei giorni. Per il nostro Campus gli educatori hanno scelto come filo conduttore la figura di Davide, un piccolo re, un ragazzino che, con forza spirituale, tenacia e fiducia in Dio, ha compiuto molte gesta eroiche, un ragazzino esattamente come noi di cui in quella settimana abbiamo rivissuto, durante i momenti riservati alla preghiera e all’animazione, tutta la vita passo per passo, dalla vittoria sul gigante Golia all’amicizia con Jonathan e ai suoi peccati di cui poi si pente. Ogni mattina la sveglia era alle ore 8:00 e mezz’ora dopo c’era la colazione, durante la quale noi ragazzi avevamo occasione di parlare della divisione dei lavori casalinghi. Subito dopo ci riunivamo tutti per il primo incontro spirituale della giornata in cui un animatore ci raccontava alcuni episodi della vita di Davide e poi alcuni di noi ragazzi facevamo una drammatizzazione del tema proposto, una cosa breve e preparata appositamente per noi. Di volta in volta svolgevamo un’attività correlata all’argomento trattato: ad esempio, il giorno in cui abbiamo parlato di Davide e Golia, siamo stati invitati a scrivere le nostre più grandi fobie su dei post-it che abbiamo attaccato su un cartellone in cui era disegnato Golia e gli abbiamo tirato contro dei sassolini, un gesto simbolico che ha avuto per noi un significato importante: riconoscere e sconfiggere le nostre paure. Oltre alla preghiera, prima di mezzogiorno facevamo cose diverse a seconda dell’occasione. Spesso visitavamo paesini, borghi o luoghi interessanti nelle vicinanze della struttura, come i Calanchi con guida del WWF, la città di Atri, le grotte di Stiffe, il santuario di San Gabriele dell’Addolorata. Altre volte venivamo divisi in squadre per intrattenerci con giochi di vario tipo. Dopo esserci rifocillati con il pranzo ed aver pulito gli ambienti utilizzati, avevamo tempo libero fino alle ore 16:00, un tempo durante il quale o si dormiva o si facevano tornei di pallavolo e calcio. Scoccate le quattro del pomeriggio, ci incontravamo di nuovo tutti insieme per giocare e divertirci. Alle ore 18:15 ci andavamo a lavare, così da prepararci per la serata, sempre ricca di impegni: prima di tutto facevano la preghiera della sera, poi la cena ed infine il divertimento con musica, balli di gruppo, serate a tema, come la festa in maschera o il campus talent. Prima dell’animazione serale, però, c’era un momento molto atteso: il tempo digitale! Visto che i nostri cellulari venivano confiscati dagli educatori per tutto il giorno, quello era l’unico momento in cui potevamo contattare i nostri genitori e avere accesso ai nostri social.”

In effetti Amelia ha ragione – spiega Sofia – durante la giornata, i ragazzi non avevano accesso ai loro telefoni. Solo la sera, per 45 minuti, potevano prendere i loro cellulari per parlare con parenti e amici a casa. L’intento era quello di favorire una maggiore socializzazione tra loro, senza uno schermo che potesse dividerli. Sappiamo tutti quanto i giovani adolescenti siano schiavi della tecnologia e spesso vivano rapporti più virtuali che reali. Pertanto abbiamo cercato, almeno per una settimana, di restituire agli apparecchi tecnologici la giusta importanza ed il giusto valore: la loro funzione, infatti, è quella di mettere in comunicazione persone lontane; non ha, invece, alcun senso, comunicare con persone vicine o comunque a portata di mano. Siamo felici che i ragazzi abbiano rispettato le regole che abbiamo stabilito, perché questo ha permesso loro di vivere le varie esperienze con maggiore attenzione e profondità e soprattutto di vivere tra loro rapporti più autentici e soddisfacenti, senza la necessità di postare sui social le loro giornate. Riportando una nota canzone di J-Ax e Fedez, per molti giovani ‘ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo’. Noi pensiamo che valga l’esatto contrario, quindi, nel nostro piccolo abbiamo voluto fare qualcosa per fa sì che i nostri ragazzi capissero che ogni esperienza è più importante viverla che condividerla sui social.”

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