SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta dei diaconi che operano nella nostra Diocesi, incontrando oggi Pierluigi Grilli che svolge il servizio diaconale presso la Parrocchia Sacra Famiglia nel quartiere Ragnola di San Benedetto del Tronto.

 

Come è nata la sua chiamata a servire nella chiesa?
“Nella mia età giovanile ero lontano dalla Chiesa mille miglia; poi, invece, sono stato chiamato ad essere diacono della stessa! Ripensando e voltandomi per guardare al passato, quando non frequentavo la Chiesa come la mia famiglia d’origine, devo dire che il mio unico legame con la spiritualità era rappresentato da mia nonna paterna, la sola della famiglia che frequentava assiduamente le celebrazioni. I miei ricordi si fermano quindi alla Prima Comunione e alla Cresima, due Sacramenti che, a quel tempo, venivano amministrati insieme.
Della Santissima Annunziata – parrocchia alla quale appartenevo – non ho ricordi particolari; frequentavo assiduamente il campo di calcio presso la parrocchia di Cristo Re, che ancora non esisteva giuridicamente. Ma ero già grande. La prima celebrazione eucaristica, di cui rammento i dettagli e a cui ho prestato attenzione, risale al 5 ottobre 1975, momento che ricordo perfettamente perché mi sono sposato con Vincenzina, mia moglie, con cui ho avuto un figlio, Davide, che oggi ha 43 anni.
Dal mio matrimonio in poi tutto è cambiato. Nella famiglia di mia moglie, infatti, c’era mia suocera Amalia che nel tempo si è rivelata la mia Santa Monica, unitamente a mia moglie. Ogni domenica mi chiedevano sempre: ‘Andiamo a Messa?’, ma io non ci pensavo neanche per l’anticamera del cervello! Così per molto tempo, finché non ci siamo trasferiti a Centobuchi di Monteprandone: qui loro hanno iniziato a frequentare il convento di Santa Maria delle Grazie, meglio conosciuto come convento di San Giacomo della Marca. Una domenica, per curiosità, le accompagnai. E così anche per altre domeniche. In una di queste occasioni, il buon padre Silvano Bracci mi chiese cortesemente di leggere dall’ambone una lettura. Io accettai e, dopo la Messa, mi disse: ‘Abbiamo un nuovo lettore.’
Così cominciai a frequentare il convento, ma non ne sapevo niente: non conoscevo la liturgia ed ero all’oscuro di tutto. Circa otto mesi dopo, il guardiano, padre Giuseppe, mi chiese: ‘Perché non inizi il cammino per il diaconato?’. Io non sapevo neanche cosa fosse. Poi però avvenne un fatto strano. In un periodo particolare della mia vita, mi ritrovai in una grave difficoltà economica e non sapevo dove sbattere la testa. Ricordo, come fosse adesso, di essermi ritrovato dentro la Chiesa del convento, ma non saprei assolutamente dire come io ci fossi arrivato e perché! Comunque, rammento distintamente che stavo litigando con Lui e gliene dicevo di tutti i colori. Allora uscì un frate – non ricordo chi fosse – e mi chiese: ‘Ma che stai facendo?’. Io gli risposi che non stavo parlando con lui, ma con il Cristo. E lui mi disse: ‘Non devi gridare, sei in Chiesa.’ Io lo presi a male parole, mi alzai dal banco e mi incamminai per uscire. Quando fui vicino alla porta, sentii una voce chiarissima ed avvertii contemporaneamente una netta sensazione tattile di un braccio appoggiato sulla mia spalla come per abbracciarmi. La voce mi diceva: ‘Ora non sei più solo. Io sono con te tutti i giorni della tua vita. Vai e non ti preoccupare.’ Decisi di iniziare quel cammino che padre Giuseppe mi aveva indicato, ma ero ancora all’oscuro di tutto. La lettera di presentazione la scrisse il guardiano. Il mio parroco di allora era don Federico Pompei, il quale non sapeva nulla – o almeno così pensavo. Ricordo la prima sera con il gruppo degli aspiranti diaconi presso i Padri Sacramentini: ero a disagio, non sapevo neppure dove mettermi, ma don Pierino Vallorani mi accolse e mi disse: ‘Siedi vicino a me e non avere paura.’ Il mattino avevo comprato il libro della liturgia delle ore, ma non sapevo né come usarlo né tantomeno gli argomenti trattati. Non sapevo nulla. Così è andata avanti per un po’ di tempo, ma lo Spirito Santo stava operando dentro di me. Dopo alcuni anni, ho vissuto nuovamente un altro episodio che definirei strano. Ero presso la Chiesa di San Filippo Neri per svolgere il mio ministero di ministro straordinario della Comunione. In quell’occasione furono scritti dei versetti, tratti dai Vangeli, in piccoli fogli di carta arrotolati e messi in un cesto in cui ogni fedele avrebbe potuto pescarne uno. Io lessi il mio che diceva: ‘Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi.’ Ognuno prese un biglietto e lo lesse, poi lo richiuse e lo rimise nel cesto. Tutti i biglietti furono fatti girare per la chiesa in modo tale che alla fine ognuno di noi si ritrovasse con un nuovo foglietto in mano. Con mia grande sorpresa, io mi ritrovai tra le mani lo stesso versetto che avevo letto all’inizio. Un caso?! O forse altro?! O forse era opera di Colui che mi aveva abbracciato all’uscita della chiesa del convento?!”

Come è stata accolta in famiglia la sua decisione?
“La mia famiglia né fu felice, anche un po’ preoccupata, ma contentissima. Oggi, dopo molti anni, devo ammettere che non sempre sia facile raggiungere un buon equilibrio tra servizio alla comunità e servizio in famiglia. Tuttavia, coinvolgendo i propri cari, spiegando, facendo comprendere le situazioni, quell’equilibrio si riesce a trovare. Ancora oggi tutti in famiglia appoggiano la mia scelta e io sono loro molto grato.”

Quali servizi ha svolto per la Diocesi in questi anni?
“Il vescovo Gervasio mi disse di andare dal parroco e di prestare servizio nella parrocchia Regina Pacis. Con il tempo, lo studio e la vicinanza ai miei futuri confratelli, iniziai il servizio cominciando dal basso. Il giorno della mia chiamata vocazionale all’ordinazione diaconale, il 22 Gennaio 2011,  eravamo in sei: oltre a me, c’erano Pietro Tomaso Ciboddo , Pietro Mazzocchi, Lorenzo Capocasa , Vittorio Annibali, Alessandro Di Girolami. Due di questi confratelli, Vittorio ed Alessandro, non sono più con noi, ma sono tornati alla Casa del Padre.
Successivamente ho fatto varie esperienze in diverse comunità in cui i vescovi mi hanno mandato: a Faraone di Sant’Egidio alla Vibrata, ho collaborato con don Elvezio Di Matteo, il quale è stato per me un maestro, un formatore ed un amico fraterno; poi anche a Colonnella, nelle parrocchie di San Cipriano e soprattutto di San Giovanni Evangelista, dove ho svolto principalmente il mio servizio. Ora, da circa quattro anni e mezzo, con il cuore gonfio di gioia, sono nella comunità della Sacra Famiglia a Ragnola. Collaboro con don Francesco Ciabattoni, parroco che ha una buona visione pastorale ed è sempre disponibile verso i suoi parrocchiani. La comunità mi ha accolto con amore e tanta voglia di conoscermi e anche io, fin dal primo giorno, li ho accolti tutti nel mio cuore. Spero che il Signore mi accompagni e non lasci mai la mia mano, cosicché io possa essere sempre più conforme a Lui nel mio servizio.”

Qual è oggi la sfida maggiore del diaconato permanente?
Il diaconato è un ministero che deriva direttamente dagli apostoli. I diaconi sono stati i primi a cui gli apostoli hanno imposto le mani, non solamente per servire alle mense, ma per amministrarle ed organizzarle e donare a tutti la parola del Vangelo. Un esempio: prendiamo Filippo, il diacono che si trova sulla via a mezzogiorno ed incontra l’eunuco, non per sua iniziativa ma per iniziativa del Signore, e gli spiega un passo del rotolo di Isaia, che egli stava leggendo senza capirlo, poi lo battezza ed infine sparisce. I diaconi quindi sono i primi che vanno in una comunità come messaggeri del Signore per annunciare la Parola del Maestro, per renderla più masticabile e più digeribile. Essendo anche ministri ordinari del Battesimo e potendo benedire le nozze, tutti i sacramentali e le liturgie che possono presiedere, dovrebbero essere i primi ad incontrare le comunità. La parola diacono, infatti, deriva dal greco diakonos che significa servitore, servo: è come il Cristo che dice ‘Io sono in mezzo a voi come Colui che serve e non è venuto per essere servito, ma per servire.’ I diaconi dunque devono imparare ad essere i primi ad indossare quel famoso grembiule per la lavanda dei piedi. In questo senso il ruolo del diaconato è fondamentale in una comunità, non per i motivi che spesso sento dire, ovvero per la mancanza di presbiteri, bensì perché diventano punti di riferimento, avendo in loro il ministero dell’ascolto e potendo essere guida spirituale per un cammino di fede. Un cammino di fede dei fedeli che va accompagnato prima di tutto con la propria testimonianza di vita nella fede, ovvero attraverso una vita coerente con il Vangelo.”

 

 

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