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Assunzione di Maria: l’orizzontalità del Ferragosto e il tempo che ci sospinge in alto

di Cristiana Dobner

La nostra orizzontalità preme e ci parla di Ferragosto, soprattutto in un frangente storico come il nostro, in cui dopo la strettoia del Covid ora tutti sembrano darsi a viaggi, incontri e spostamenti. Incuranti della propria ed altrui salute. Non possiamo non vivere questa orizzontalità, è tutta nostra.

Tuttavia, l’irruzione dell’Altissimo ci ha donato anche un’altra dimensione: la verticalità. Viviamo così: ora attratti dal quotidiano orizzontale, ora richiamati da un tempo cui non sappiamo dare nome che però ci sospinge in alto. Secolarizzati oppure chiamati a riconoscerci pellegrini, transeunti? Quindi vita (ma fino a quando?) oppure morte? Indubbiamente, per noi la verticalità, malgrado il suo fascino che inebria, ci prospetta proprio la morte.

Guardiamo allora a Lei, la Vergine Madre che ci ha donato il Salvatore. Giovanni Damasceno nei pressi della Tomba di Maria, verso il 740, tenne tre sermoni, ma il suo sguardo, che percorreva l’orizzontalità e non la negava (tomba è tomba), mirava alla verticalità: “La tua anima, infatti, non discese agli inferi; la tua carne non vide la corruzione. Il tuo corpo immacolato e totalmente bello non rimase nella terra, al contrario, tu siedi sul trono nel regno celeste come regina, signora, dominatrice, la Madre di Dio, la vera genitrice di Dio assunta.”

Signora e Madre Maria ci ha preceduti e ci attende, ma come saremo noi, proprio noi, accolti una volta abbandonata l’orizzontalità ed ora proiettati in verticalità senza ritorno? Bernardo di Chiaravalle se lo è chiesto e la sua risposta ha trapassato i secoli e le coscienze dei credenti:
“La nostra Regina ci ha preceduto; ci ha preceduto ed è stata ricevuta così festosamente, che con fiducia i servi possono seguire la loro Signora dicendo: Portaci con te, correremo dietro l’odore dei tuoi profumi (Ct 1, 3). La nostra umanità pellegrina ha mandato innanzi la sua Avvocata che, essendo Madre del Giudice e Madre di misericordia, potrà trattare con devozione ed efficacia la causa della nostra salvezza. La nostra terra ha inviato oggi al cielo un prezioso regalo affinché, dando e ricevendo, si uniscano in un felice scambio di amicizia l’umano al divino, il terreno al celeste, l’infimo al sommo […] È la Regina dei cieli, è misericordiosa, è la Madre del Figlio unigenito di Dio.”

La sua verticalità ci viene donata gratuitamente e ci attrae perché quell’infinito rimane per noi sempre un interrogativo. Sollevare lo sguardo è già non sfuggire l’orizzontalità, ma imprimerle non un senso, ma il suo senso.

Perché mai pure Lei, la tutta santa, dovette abbandonare l’orizzontalità che pure aveva cosparso di innumerevoli segni di grazia, di presenza dell’Altissimo? Possiamo torturarci lo spirito, spremere il cervello, l’impressione è che rimaniamo attanagliati, immobili, in una stasi appunto orizzontale che non vuole cedere e lasciare il passo all’altra dimensione. Giovanni Damasceno ancora una volta ci soccorre: “La Madre di Dio non è morta di malattia, per non aver peccato originale, non doveva ricevere la punizione della malattia. Lei non è morta di anzianità, perché non doveva invecchiare, perché non avesse la punizione del peccato dei primi genitori: invecchiare e finire per debolezza. Lei è morta d’amore era così tanto il desiderio di andare in paradiso dov’era suo figlio, che questo amore l’ha fatta morire.”

Se, durante la Liturgia di ieri, abbiamo prestato attenzione alla Parola che ci veniva donata e la l’abbiamo lasciata operare in noi, uno spiraglio di vivo amore sarà potuto germinare. Non un amore immenso, travolgente, ma una lieve scintilla che, al soffio dello Spirito, potrebbe crepitare e effondersi. Potremmo considerare allora la nostra ultima orizzontalità come una linea infuocata che si fonde con quella verticalità che, nelle mani di Maria Assunta, ci conduce a varcare la soglia e ritrovarci dinnanzi all’Amore Trinitario: Maria è morta d’amore, perché solo di amore era vissuta.

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Carletta Di Blasio: