Di Nicola Salvagnin

Ci hanno sempre detto che il libero mercato è regolato da leggi proprie che lo tengono in equilibrio, se rispettate. Ebbene, una delle più importanti è quella della domanda-offerta. In caso di lavoro, l’offerta abbondante ha tenuto inchiodate negli ultimi decenni le retribuzioni che, anzi, in molti casi sono diminuite: si pensi al classico esempio dei bancari. Si è sopperito toccando in giù gli orari di lavoro, inventandosi il welfare aziendale, creando qualche norma di legge più favorevole (ma non sempre). Ma di pagare di più…

Una situazione determinata dalla pandemia prima, dalla furiosa ripresa economica poi. Molti stranieri sono tornati a casa o non arrivano più. Così, l’unica vera arma di incentivo che hanno gli imprenditori è quella salariale: aumentare i compensi, che nel tempo s’erano schiacciati sempre più in basso mentre ora c’è pure l’aggravarsi dell’inflazione ad eroderne il potere d’acquisto.

In Spagna non ci hanno pensato un attimo: stipendi e retribuzioni in decisa crescita, norme di legge che stabilizzano il lavoro, anche quello più precario. Perché oggi la “flessibilità” sta diventando un problema, e non una risorsa, per le imprese.

Questo è un momento in cui centinaia di migliaia di lavoratori – soprattutto al Nord – stanno cambiando mansione. Si licenziano o chiudono i rapporti di lavoro per cercare qualcos’altro. Ovviamente in meglio. Senza la paura di “perdere” qualcosa, spinti dalla speranza di migliorare le proprie condizioni di vita ed economiche.

Un turnover che ha reso ancor più fragile l’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro; un turnover che sta girando il manico del coltello dall’altra parte. E che quell’equilibrio fosse già in parte compromesso, lo testimoniava la continua emorragia di giovani verso il resto del mondo, alla ricerca di retribuzioni adeguate al proprio percorso formativo e alla possibilità di fare carriere qui in Italia quasi impossibili.

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