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Sorelle Clarisse: Cinque pani e due pesci

DIOCESI Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Leggiamo nel brano del Vangelo di Luca che oggi la liturgia ci propone: «In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: “Congeda la folla…”».
Signore, hai fatto il tuo dovere, hai parlato al cuore della gente, la tua Parola ha dato consolazione, hai compiuto miracoli guarendo tante persone e facendo del bene…la giornata è conclusa, abbiamo fatto un buon lavoro, ora “congeda” la gente, cioè, letteralmente scioglila, disperdila, mandala a casa.
Per gli apostoli le belle parole sono state dette, cos’altro si deve fare di più? Ora gli altri vanno mandati via, vadano a cercare cibo e alloggio in giro.
Contro questa idea di mandare via, Gesù fa un’altra proposta: date! Il pensiero dei Dodici è “si arrangino, quello che abbiamo – «cinque pani e due pesci» – ci serve e ce lo teniamo.
«Gesù disse loro: “Voi stessi date loro da mangiare”».
Secondo i discepoli tocca alla gente comprarsi da mangiare. Per Gesù, invece, il comperare va sostituito con il condividere. E’ il grande significato dell’Eucarestia, che non dice solo una presenza di Dio, ma un presenza che si fa pane spezzato e vita condivisa.
Ciascuno di noi soffre una fame che non si estingue con il semplice pane che mettiamo sulla tavola, una fame molto più profonda, fame di una vita piena, che conosca finalmente la dignità, fame di senso, di sapere se la propria vita merita di essere vissuta, se è possibile ricominciare dopo ogni sconfitta, se c’è qualcuno ai cui occhi io possa essere prezioso e che la vita valga la pena di essere abbracciata, anche senza alcun merito.
Gesù si prende cura proprio di questa nostra umanità. E invita ciascuno a sfamare questa umanità in attesa.
Questa è l’Eucarestia! Vita ricevuta da donare quotidianamente, vita moltiplicata perché condivisa e non trattenuta, vita che diventa capacità di saziare il bisogno dell’altro.
Infatti, leggiamo ancora nel Vangelo: «Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla».
Prendere, benedire, spezzare, dare: sono gli stessi verbi utilizzati per descrivere le azioni di Gesù durante l’ultima Cena, ce le ricorda Paolo nella prima lettera ai Corinzi: «Il Signore Gesù […] prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo che è per voi; fate questo in memoria di me».
Ed è significativo che i due discepoli di Emmaus riconosceranno Gesù Risorto proprio quando Egli compirà queste quattro azioni.
Gesù prende, benedice, spezza e dona il poco pane che abbiamo, che siamo: e il miracolo è che poco pane condiviso, che passa di mano in mano, diventa sufficiente per tutti.
«Tutti mangiarono a sazietà»: la fine della fame non sta nel mangiare a sazietà, da solo, il tuo pane, ma nello spartire con gli altri il poco che hai e che sei.
Quel pane ricevuto ci aiuta a sfamare la folla, ad accorgerci della fame insaziata di chi incontreremo e a mettere a disposizione quel poco che siamo per sfamare l’uomo, ogni uomo, nel corpo e nell’anima.

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