DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.

Il Vangelo di questa domenica ci riporta indietro: siamo nel mezzo della cena pasquale di Gesù con i suoi apostoli, poco prima del suo arresto. Giuda è appena andato via e il Signore si rivolge ai suoi con queste parole: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Ci facciamo subito una domanda: come può l’amore essere comandato? Come si può amare a comando? Come fa Gesù a comandarci la cosa più bella e libera del mondo?

Amare, nella logica del Vangelo, non è un obbligo ma una necessità per vivere. Per questo Gesù è così accorato in questo suo appello perché sa che senza amore non c’è possibilità di vita, senza amore non c’è respiro.

E chi non crede deve toccare con mano il nostro essere cristiani non perché ci vede pregare, andare a messa, portare la croce o un rosario al collo o al polso o difendere la nostra identità e cultura cristiane dagli attacchi del mondo. Chi ci vede deve poter capire che siamo cristiani perché ci amiamo! Questo e solo questo è il fondamento…un fondamento irrinunciabile tanto da essere comandato!

Tutto bello, tutto idilliaco? No…il Signore chiede di amare, sì, ma di amarci gli uni gli altri, non romanticamente, ma convertendo il nostro sguardo sull’altro, uno sguardo di amore, di accoglienza e non di rigetto, di riconoscimento e non di negazione, di ospitalità e non di ostilità.

Non basta amare, potrebbe essere solo una forma di possesso o di potere sull’altro, un amore che prende tutto e non dona niente. Ci sono anche amori violenti e disperati, amori molto tristi e perfino distruttivi. Amatevi in un rapporto di comunione, in un faccia a faccia, a tu per tu. Nella reciprocità: amore dato e ricevuto, perché dare e ricevere amore è ciò su cui si pesa la felicità di questa vita.

E come riuscirci? Continua Gesù: «Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri…».

Ma come si fa? Chi potrà mai amare gli altri come ha fatto Gesù? Come possiamo amare gli altri con la stessa intensità con cui Gesù lo ha fatto?

Amare come Gesù non significa amare quanto Lui, impossibile per noi vivere la sua misura…ma significa amare come Lui, con il suo stile unico, lo stile di un amore in perdita, che non fa conteggi, un amore che è puro racconto della tenerezza del Padre. Non con l’amore di simpatia, di scelta, di sforzo, di virtù, ma con lo stesso amore con cui, ogni giorno, noi stessi ci sentiamo amati, accompagnati, custoditi dal Signore. L’amore dei cristiani è anzitutto, infatti, un amore ricevuto, accolto. Lo ripetiamo: non uno sforzo o una lodevole iniziativa; amiamo e ci amiamo perché siamo amati. 

«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri»: nell’unico comandamento che Gesù lascia come costitutivo per la comunità dei credenti, egli non chiede nulla né per sé né per Dio, ma solo per gli uomini. Questo è il segno della nostra partecipazione alla vita di Dio ed alla comunità. In questo sta il mistero dell’uomo. Un cammino di amore fino alla pienezza del dono di se.

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