DIOCESI – Lectio delle Sorelle Clarisse del monastero Santa Speranza di San Benedetto del Tronto.
La pagina di Vangelo che la liturgia oggi ci propone ci fa incontrare la figura di Pilato, procuratore in Giudea, al tempo di Gesù, per conto dell’Impero Romano. Gesù gli è stato appena consegnato dal sommo sacerdote Caifa e lui comincia ad interrogarlo.
«… Sei tu il re dei Giudei?». Forse, dietro questa domanda, c’è un desiderio, da parte sua, di capire un po’ di più su quest’uomo, di capire di che re si tratti: infatti, così glielo hanno presentato, come uno che si vuole fare re, anche se, a dire il vero, quell’uomo, Gesù, non ha proprio l’aria di essere un gran re. Ci affacciamo anche noi, con la stessa domanda che fa Pilato, a questa liturgia domenicale che ci chiama a celebrare la Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo.
«Dunque tu sei re?». Tu che hai le mani legate? Tu che non metti nelle tue mani nessuno, ma ti sei messo nelle mani di tutti? Tu che non togli la vita, ma la doni a chi fa fuori la tua? Tu che insegni che l’unico modo di vivere è perdonare…tu sei re? Tu che lavi i piedi ai tuoi compagni, che entri a Gerusalemme a dorso di un asino, disdegnando carri e cavalli, tu sei re? Tu che non dai la morte per poter difendere la tua vita, ma accetti di morire perché l’altro possa continuare a vivere, tu saresti un re?
Sì, caro Pilato (ma mettiamo pure a posto del nome Pilato il nostro nome!), io sono Re!
Ma «il mio Regno non è di questo mondo», non è di qui! Chi studia la Scrittura fa notare – ed è un accostamento affascinante – che la parolina “di qui”, che troviamo nella traduzione originale greca, la possiamo ritrovare poco più avanti, sempre nel Vangelo di Giovanni, per raccontare che, con Gesù, crocifissero altri due, uno di qui e uno di qui, e Gesù in mezzo. E là, sulla croce, l’iscrizione “Gesù il nazareno, il re dei Giudei”. Il mio Regno non è di qui, dice Gesù a Pilato. È “di qui”, sulla croce, invece, tra due malfattori, qui dove le braccia sono spalancate, perché ci si consegna totalmente agli altri, qui dove ci si batte per la libertà dell’altro, per il rispetto dell’impronta di Dio nell’altro. Sulla croce, l’unico trono su cui vale la pena salire, quel trono che ci dice di un amore che sa andare fino alla fine. Passa di qui, è di qui il Regno di Dio.
Ma Gesù risponde a Pilato anche con una domanda: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Gesù chiede a Pilato da dove sgorga la domanda «Sei tu il re dei Giudei?»; È il tuo pensiero – chiede Gesù – o il pensiero di altri? È un tuo desiderio conoscere chi sono o è solo curiosità di altri, o è solo questione di lavoro? Perché a Gesù interessa essere riconosciuto dall’uomo come re, ma nei termini del peso che Lui ha nella nostra vita. Ovvero…Gesù è re nella nostra vita? La relazione con Lui ha peso nella nostra vita?
A Gesù non interessa che tutto quello che ci ha detto poco fa sul suo modo di essere Re rimanga nella nostra testa, ma che sia un’esperienza di vita. Perché, leggiamo nel libro dell’Apocalisse, egli è «Colui che è, che era e che viene». Io sono, io esisto, ci dice il Signore, ho consistenza, non sono un’idea, non sono una dottrina, non una morale. Sono l’Amante, colui che ti ama continuamente nella libertà e nella totalità. Il Signore ci chiede di venire ad abitare la nostra vita per renderla vera, reale, concreta, esistente, per darle stabilità. Così il Regno di Dio si compie, e anche noi possiamo dire: sì, il Regno di Dio passa di qui, passa per la mia vita, cresce nella mia vita.
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