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“Dia Silla Dia silla sicritate conzapilla..” i canti del trapasso nella tradizione

Rubrica “Pausa caffè” – Chi ha passato il mezzo secolo ha avuto la fortuna di incontrare il passato dietro le spalle e avere in fronte il moderno, se non altro da bambini. Ricordi indelebili che sorbendo una tazzina di caffè fanno socchiudere gli occhi di tenerezza. Una prozia quasi centenaria, rigorosamente morta in casa ( in passato non esisteva proprio di portare i vecchietti nelle “rsa”, case di cura , ospizi o “luoghi in attesa di..” come oggi va di ..moda)…ci ha fatto tornare in mente una cosa curiosa.

Quando i bambini andavano a trovare la zia P., in un paesino qui vicino..la trovavano sempre seduta sulla sua seggiolina di paglia alta una spanna, lei, un metro e 40-50 forse di altezza, minuta, capelli bianchi e gialli trattenuti con la “crocchia” ( treccia arrotolata a forma di cipolla sulla nuca, antichissima acconciatura femminile) amava recitare strofe e poesie alle quali i parenti presenti applaudivano.

Zia P. aveva lavorato sempre, era stata operaia e “materassaia” e ricamatrice finissima, non si era mai sposata. Quasi cento anni, vestiva di nero con gonne lunghe, come nel 1800. Sapeva tante poesie e avrebbe desiderato tanto poter proseguire la scuola, dove eccelleva.. , sogno che non potè mai realizzare per la povertà e perché sua sorella morì prestissimo lasciando 4 figli piccolissimi, di cui le zie ( tra cui zia P.) dovettero occuparsi. Una delle poesie che recitava in modo sacrale era in un latino maccheronico e in realtà era una preghiera:

“Dia silla dia silla sicritate conzapilla
Sorgerà la criatura dall’antica sebultura
Diasilla diasilla lacrimosa cum favilla
Sonara’ la viva tromma tutti i corbi dontretomba
La tremenda Maestà salva l’home ppe bondà
A tte corro Jesúmmio come sta ppe condo mio
Morsupevit la natura cum resurget a criatura
Rex tremende magiestatits chi salvandos -i- salvati
Diasilla diasilla sicritate conzapilla
Sorgerà la criatura dall’andica sibultura
Diasilla diasilla salve secula in favilla
Tribunale inquisizione donde aDDio si fa raggione
Magdalena penitende Lu latrone pendi-mende”

Si tratta di una preghiera di raccomandazione a Dio nel giorno del Giudizio, come Gesù ha avuto pietà della Maddalena e del Ladrone, cosi pure avrà pietà di noi peccatori e rifuggirà le fiamme dell’inferno. Quel giorno l’ira di Dio sarà tale che tutto sarà sconvolto ma il fedele chiederà a Dio di perdonarlo e dunque di salvarsi..
Avevano imparato i bambini, su suo insegnamento, della “Zia P.” questa preghiera che si cantava ai funerali. Non lo sappiamo se la zia P. avesse fatto la “prefica” da giovane, ossia quelle donne vestite di nero velate che vanno a piangere ai funerali, probabilmente no, tuttavia  recitava orgogliosa questi versi come se fossero le strofe di un incantesimo superiore. Ovviamente si tratta di una versione popolare e maccheronica del vero “Diasilla”, che si recita ai funerali. Eccone la versione ufficiale:
“DIASILLA – Dies irae, dies illa solvet saeclum in favilla: teste David cum Sibylla. Quantus tremor est futurus, Quando judex est venturus, cuncta stricte discussurus! Tuba mirum spárgens sónum per sepulcra regionum, coget omnes ante thronum. Mors stupebit et natura, cum resurget creatura, judicanti responsura. Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mondus judicetur. Judex ergo cum sedebit,  quidquid latet apparebit: nil inultum remanebit. Quid sum miser tunc dicturus? Quem patronus rogaturus? cum vix iustus sit securus;  Rex tremendae majestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me, fans pietatis. Recordare, Jesu pie, quod sum causa tuae viae: ne me perdas  illa die. Quaerens me, sedisti lassus:  redimisti Crucem passus: tantus labor non sit cassus. Juste index ultionis, donum fac remissionis ante diem rationis. Ingemisco, tamquarn reus, culpa rubet vultus meus: supplicanti parce, Deus. Qui Mariam absolvisti, et latronem exaudisti, mihi quoque spent dedisti. Preces meae non sunt dignae: sed tu bonus fac benigne, ne perenni cremer igne. Inter oves lacum praésta et ab haedis me sequestra, statuens in parte déxtra.  Confutatis maledictis, flammis acribus addictis, voca me cum benedictis. Oro supplex et acclinis, cor contritum quasi cinis: gére cúram mei finis. Lacrimosa dies illa, qua resurget ex favilla iudicandus hómo reus: huic ergo parce Deus. Pie lesu domine, dona eis requiem.  Amen “.

Zia P.  diceva che i bimbi dovevano essere buoni, perché altrimenti sarebbero andati all’inferno e recitava come ammonimento il “Diasilla, Diasilla, sicritate conzapilla”..quasi come uno scongiuro.. Una versione  in latino/dialettale scomparsa, che non tutte le donne di un tempo conoscevano, ma solo quelle ritenute più sagge delle altre e che non si erano mai sposate…Esse la ritenevano una grande preghiera “autunnale”, quando si avvicinava il giorno “dei Morti” , il  2 Novembre, ma senz’altro da recitarsi con l’approssimarsi dell’inverno, quando l’autunno porta con se giornate bagnate, cariche di umidità e dalle nostre parti il mare ulula da lontano e come dopo una festa estiva, ci si rinchiude nella propria interiorità. Dia silla Dia silla, sicritate conzapilla… magari davanti al fiammeggiare del fuoco nel camino.

In realtà – cosa che potrebbe far sorridere o portare in giro, le vecchiette conoscevano perfettamente il significato delle preghiere in latino, più dei fedeli moderni, perché  “lu prevost”, cioè il prete, gliele aveva spiegate parola per parola, quindi la loro buffa recitazione era certamente da perdonare con amore, perché da bambine non avevano avuto l’opportunità di studiare, in quanto avevano dovuto iniziare a lavorare subito, dentro e fuori casa, a causa della povertà e del bisogno.

Risultava tuttavia ineccepibile il senso profondo della preghiera formulata e soprattutto la grande Fede , come una fiamma accesa, con cui veniva pronunciata.

Al prossimo numero di “Pausa caffè”, chi volesse può scrivere al numero whatsapp di redazione : 3711715065. Buona Giornata!

Susanna Faviani: Giornalista pubblicista dal '98 , ha scritto sul Corriere Adriatico per 10 anni, su l'Osservatore Romano , organo di stampa della Santa Sede per 5 anni e dal 2008 ad oggi scrive su L'Avvenire, quotidiano della CEI. E' Docente di Arte nella scuola secondaria di primo grado di Grottammare.