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Crisi ristorazione, diamo voce a Simone Marconi e Stefano Curzi


GROTTAMMARE
– Da pochi giorni la Regione Marche è tornata in zona arancione e questo, anche se necessario, comporta molti problemi a livello economico e sociale, in particolare al settore della ristorazione che dà tante possibilità di lavoro nelle nostre città a vocazione turistica. 

Per superare questa situazione di stallo è necessaria la stretta osservanza delle regole come osserva Simone Marconi dell’Attico sul Mare: «Abbiamo bisogno di trasmettere alla clientela l’importanza dei comportamenti adeguati all’interno di un locale pubblico. Da una parte sono tutti con noi e vogliono i locali sempre aperti, ma poi quando si entra all’interno del locale non ci si comporta nel modo giusto. A causa di ciò rischiamo di fare un continuo apri e chiudi fino a dicembre dell’anno prossimo! Se al contrario tutti cerchiamo di osservare al meglio quelle che sono le disposizioni previste dalla legge possiamo sperare di poter tornare in condizioni di normalità e rimanere aperti con continuità. Se tutti, gestori dei locali e clientela, abbiamo cura nel rispettare il distanziamento e tutte le altre misure di sicurezza, non saremo additati come untori. Con il locale chiuso inizia a essere problematico gestire anche l’asporto: la situazione è molto cambiata rispetto all’anno scorso quando c’era il lockdown totale. Questo mette in difficoltà tutto il personale costituito da una decina di persone fisse più un’altra decina che è presente nei week-end per il quale abbiamo comunque anticipato la cassa integrazione».

Anche Stefano Curzi dello Chalet “da Mario” esprime preoccupazione: «La preoccupazione che nasce con questo ritorno in zona arancione non è tanto legata al fatto dei ristori con i quali il governo ha cercato di venire incontro al nostro settore. Ci preoccupa maggiormente la situazione dei nostri collaboratori con i quali abbiamo costruito le nostre attività. Sono loro le persone maggiormente colpite in questo momento perché hanno perso la possibilità di lavorare, ad esempio nei week-end lunghi (da giovedì alla domenica). Abbiamo paura di perdere la professionalità e le competenze acquisite col tempo e con l’esperienza, visto che a causa delle prorogate chiusure non pochi dipendenti hanno dovuto trovare altre soluzioni lavorative. Andiamo incontro a una primavera che potrebbe essere a spizzichi e bocconi: preferirei una chiusura continuativa di 15 o 20 giorni piuttosto che alternare aperture e chiusure. Il rispetto delle regole è fondamentale, la nostra categoria si è adeguata alle richieste dei protocolli ed è giusto che qualora si verifichino delle irregolarità queste siano sanzionate. Chi è chiamato a legiferare per contrastare il covid ha grande preoccupazione per il fattore movida e sa che il momento della cena non è esattamente la stessa cosa del pranzo, durante il quale, ad esempio, il nostro ristorante lavora, come molti altri, all’aperto. Molto più complicato sarebbe fare l’asporto».

La situazione è complessa. Vedremo cosa ci aspetta il prossimo futuro e questo sarà ovviamente dettato dallo sviluppo della situazione pandemica.

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Nicola Rosetti: