DIOCESIManuel Mattioli ci racconta come l’esperienza del servizio civile presso la Caritas Diocesana lo abbia profondamente trasformato.

Manuel come hai maturato l’idea di svolgere il servizio civile?
Alcune persone della mia parrocchia, ovvero quella dei Padri Sacramentini, mi consigliarono di fare quest’esperienza in un momento della mia vita nel quale ero libero da altri impegni. Io allora non sapevo nulla di questa realtà! Mi sono lasciato coinvolgere perché ho intravisto nel servizio civile qualcosa che potesse fare bene prima di tutto a me stesso.

In questo periodo immagino che lei abbia avuto modo di incontrare tante persone…
Sì! Ho stretto molti rapporti e amicizie, sia con gli altri ragazzi che hanno svolto il servizio civile insieme a me, sia con i volontari della Caritas: col passare del tempo i legami si sono consolidati e ho trovato un ambiente accogliente e umano, oltre ogni mia aspettativa.

Fra queste persone c’è qualcuno che l’ha colpita per la sua storia?
Sono rimasto colpito dal mio amico Samba col quale ho svolto il servizio civile. Samba ha una storia molto particolare: è arrivato qui partendo da Lampedusa, purtroppo ha una protesi poiché ha perso una gamba. Quando ho sentito raccontare la sua storia sono rimasto molto scosso e credo che quello che ho ascoltato da lui mi rimarrà impresso per sempre: siamo abituati a lamentarci per qualsiasi problema, anche per cose spesso insignificanti, quando poi si ha la possibilità di confrontare il proprio vissuto con quello di altre persone che hanno affrontato vere e proprie tragedie, viene naturale riconsiderare tante cose. Eppure Samba, come tante altre persone che frequentano la Caritas, sanno guardare avanti e le vedi ridere e scherzare come se a loro non fosse accaduto nulla.

Samba è diventato un amico insomma…
Esattamente! Ho fatto conoscere Samba al mio gruppo di amici e tutti insieme siamo andati a giocare al campetto della parrocchia San Filippo Neri. Si sono aggregati anche gli amici di Samba ed è stato bello che persone di varie culture e di varie parti del mondo abbiano potuto giocare insieme. È stata un’esperienza semplice e di svago, ma che ci ha fatto uscire dal nostro modo di vedere forse un po’ troppo chiuso.

Come ha inciso l’esperienza del servizio civile sulla sua persona?
Finché uno guarda queste cose in tv le percepisce sempre come lontane e estranee da sé. Quando invece facendo servizio civile si è quotidianamente a contatto con persone che hanno affrontato parecchie difficoltà è inevitabile che si rimanga colpiti e il primo pensiero è che il mondo non è poi così grande e dispersivo come a volte ce lo raffiguriamo. Al contrario le persone che soffrono sono proprio quelle che stanno appena fuori dalla nostra porta.

Si sente cambiato?
Sì, certo! È un’esperienza che fa maturare parecchio. Io ad esempio mi sento completamente diverso rispetto a prima. Ho cambiato visione su tanti aspetti perché mi si è aperto un mondo che prima non conoscevo. Sono entrato in Caritas per aiutare gli altri, invece ho visto che sono state le persone a cambiare me!

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