Le modalità introdotte dalle nuove linee di indirizzo ministeriali sull’aborto farmacologico (Ru486), emanate il 12 agosto, costituiscono “una ulteriore gravissima violazione del diritto a nascere dei figli”, della tutela della maternità durante la gravidanza, della “salute fisica e psichica della donna”. Lo sostiene il documento dei Centri di aiuto alla vita (Cav) del Movimento per la vita, elaborato dai partecipanti al III corso di alta formazione per operatori dei Cav, conclusosi il 30 agosto a Folgaria (Trento).

“Inaccettabile – si legge nel testo – che tutto il processo di morte sia scaricato sulla donna lasciata sola a gestire gli effetti collaterali avversi della Ru486, esponendola ad un reale rischio sanitario fisico non tutelato”. Non trascurabili anche “gli aspetti psicologici”.
Di qui “la necessità di rendere non operative tali linee di indirizzo che contrastano formalmente con alcuni articoli della legge sull’aborto 194/1978″, come l’obbligo di ricovero ospedaliero, e che, “pur nella sua totale iniquità, contiene alcune disposizioni che manifestano una preferenza per la nascita”.
Di “particolare gravità”, inoltre, l’effettuazione dell’aborto nei consultori “data la funzione attribuita agli stessi di tutelare la salute della donna e del figlio chiamato ‘prodotto del concepimento’ (secondo l’art. 1 della legge 405/1975) e di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza (art. 2 lettera D legge 194/1978)”.

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