La Città di San Benedetto sta festeggiando la Madonna della Marina, anche se in maniera molto ridotta, sia nella parte religiosa che in quella civile, a causa del covid. Quest’anno niente Peregrinatio Mariae, niente processione, niente fuochi di artificio. E quella della Madonna della Marina è solo l’ultima in ordine di tempo delle feste ridimensionate a causa della situazione presente. Il covid ha trasformato le nostre vite, ovviamente non solo sul piano religioso: è inutile elencare quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi perché è noto a chiunque.

Quello che è importante chiedersi è come affrontare questo tempo e vogliamo farlo ricorrendo a alcuni brani della letteratura. Ci facciamo aiutare dai poeti e dagli scrittori che vediamo, non come eruditi distaccati dalla vita di tutti i giorni, ma come uomini in tutto simili a noi che attraverso la parola sono riusciti a condensare i nostri sentimenti, come neppure noi stessi riusciremmo a fare. Nelle pagine della letteratura che noi amiamo sentiamo una corrispondenza fra i nostri sentimenti e quelli dei poeti. A tal proposito Cesare Pavese ha scritto: «Leggendo non cerchiamo idee nuove, ma pensieri già da noi pensati, che acquistano sulla pagina un suggello di conferma. Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra – che già viviamo – e facendola vibrare ci permettono di cogliere nuovi spunti dentro di noi».

Una prima considerazione la possiamo fare sulle circostanze, cioè sullo spazio e sul tempo che ci vengono dati. Ognuno di noi è collocato dal Destino in un certo luogo e in un certo tempo che non sono stati scelti, ma nei quali deve giocare la propria libertà. Nel film “Il Signore degli Anelli” Gandalf rivolge si rivolge a Frodo dicendo: «Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere, possiamo solo decidere cosa fare col tempo che ci viene concesso». Nessuno di noi ha scelto di dover fare i conti con tutti i problemi che il coronavirus comporta, eppure tutti siamo chiamati ad atteggiamenti responsabili che tutelino noi stessi e chi ci sta vicino. È quello che anche insegna Sant’Agostino: «“Tempi cattivi, tempi travagliati” dicono tutti. Viviamo bene, e i tempi saranno buoni. I tempi siamo noi: come siamo, così sono i tempi».

Le circostanze della vita sono state paragonate da Alessandro Manzoni a un letto: «L’uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova sur un letto scomodo più o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a livello: e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s’è accomodato nel nuovo, comincia, pigiando, a sentire qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo che lo preme: siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l’anonimo, si dovrebbe pensare più a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio». Sulla scia di Sant’Agostino lo scrittore milanese ci invita a spostare la nostra attenzione dal mondo esterno alla nostra interiorità, laddove possiamo decidere come affrontare le circostanze: dall’uso della nostra libertà dipende la nostra stessa felicità.

Spesso siamo invece tentati di evadere dalle circostanze e pensiamo che dal cambiamento di queste dipenda la nostra realizzazione. È quello che descrive Leopardi nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia:

«Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna».

L’uomo contemporaneo, rispetto a Leopardi, ha imparato a volare con gli aerei, ha raggiunto lo spazio e sa catalogare centinaia di migliaia di stelle, come anche può spostarsi rapidamente da una parte all’altra del mondo, eppure il problema della sua sua libertà non è cambiato di una virgola.

Alla luce di tutto ciò che cosa dire per i nostri tempi? Il covid ci ha messo davanti alla nostra fragilità e impotenza e allo stesso tempo ci ha richiamato al retto uso della nostra libertà, come anche al senso della responsabilità. Ha messo in crisi le dilaganti forme di individualismo e ci ha indotto a pensare maggiormente in termini di comunità. Ha bloccato la nostra frenesia e ci ha costretto a una maggiore riflessione e infine ci ha obbligato all’essenziale. Ne siamo usciti migliori? Questo non è detto, perché le circostanze bussano alla porta della nostra libertà e uscirne migliorati dipende solo da noi: quando in gioco c’è l’io non c’è mai nessun automatismo! È evidente che nessuno avrebbe voluto fare i conti con una realtà così drammatica che ha già mietuto più di 35.000 vittime e che tutti ci auguriamo che presto tutto questo sia un brutto ricordo, tuttavia dobbiamo relazionarci con i fatti e non con le nostre immaginazioni. Speriamo di poter guardare al futuro con la stessa fede di Manzoni: «Dio non turba mai la gioia dei suoi figli se non per prepararne loro una più certa e più grande».

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