di Pietro Pompei

I nostri marinai dallo spirare di alcuni venti, erano soliti dedurre le previsioni del tempo. “Jè da levante e piove”. Se diamo seguito ai “venti” che da molto tempo “spirano” sul nostro Ospedale, dobbiamo amaramente convenire che fra non molto un “nubifragio” e di grande intensità, si abbatterà da scoperchiare il tetto e da far tremare le fondamenta. Molte sono le voci che si rincorrono, di una continua minaccia di riduzione dei reparti, di posti letto, di declassamento che non possono che allarmarci. Certo è che la spada di Damocle della riduzione, è lì che pende da tempo e solo motivazioni politiche e crisi di ogni genere, aggiungiamo ora la nefanda “corona virus” ritardano l’esecuzione e si continua a stiracchiare secondo le convenienze. Resta il fatto che nel nostro ambiente sanitario si ha la sensazione della provvisorietà che porta ad un vivacchiare una situazione di incerta sopravvivenza che certamente non favorisce un clima di serenità e di fiducia

che dovrebbe essere particolarmente consolidato e ricercato là dove la precarietà umana e il dolore maggiormente lo richiedono.. Diciamolo senza mezzi termini, i cittadini, in genere, sono molto turbati del vociare che si fa intorno al nostro Ospedale e  sospettano sui mutamenti apportati a causa di quest’ultima pandemia

Quale cura per l’ospedale?

– È malato il nostro ospedale?- Io non lo so, ma l’ho sentito dire.- E morirà?

– Speriamo di no. Speriamo che sia curabile.

– Come per ogni malattia serve prima una diagnosi precisa.

– Subito dopo, però, una terapia adeguata. Sennò è spacciato.

Questo è quanto si sente dire in giro in questi giorni e che  ha in qualche modo già allertato l’attenzione cittadina. Ci è stato chiesto di occuparcene. Ma qual è il male oscuro che attacca l’ospedale di San Benedetto e lo mette a rischio di soccombere rispetto alla più robusta e agguerrita realtà ospedaliere di Ascoli?
Ce lo chiediamo, incapaci di credere che il nostro ospedale, pur cresciuto nelle sue dimensioni strutturali per far fronte ai bisogni sempre maggiori della popolazione, non riesca di fatto a soddisfare l’utenza locale e circondariale (almeno questa), così da diventare in zona un polo di riferimento necessario e ricercato.

Non possiamo credere che la sua favorevole collocazione geografica, che ne centralizza i servizi rispetto alle popolazioni della costa e dell’interno, che sul cosiddetto corridoio adriatico lo vede a contatto diretto con due arterie di transito frequentatissime come la ferrovia e l’autostrada, e che inoltre gli consente di raccogliere le emergenze del mare, diventi irrilevante ai fini di una sua più alta qualificazione e di un suo potenziamento.

Ci chiediamo se alla base di questo ci siano insufficienze sostanziali imputabili alla struttura e al personale o volontà politiche regionali e provinciali. Nell’uno o nell’altro caso ci piacerebbe saperne di più per capire quello che sta realmente succedendo, a prescindere da illazioni e giudizi di parte. Ci permetterebbe di appurare i pro e i contro della situazione, meriti e demeriti. Ci permetterebbe di valutare le circostanze fuori dall’ottica del campanile, che spesso induce a privilegiare l’appartenenza piuttosto che la qualità. Invitiamo pertanto cittadini e personale sanitario a dare un contributo informativo, visto che anche per quanto riguarda l’informazione siamo tagliati fuori. Il TGR in questi giorni di grande incertezza ci ha quasi ignorati e non riusciamo ancora a sapere se il nostro Ospedale è tornato come prima dopo essersi prestato senza indugi, nello stile della nostra gente, alla cura del Covid-19

Sono interrogativi che sentiamo diffusi tra la gente e che  facciamo nostri nella speranza che poi i fatti ci dicano che non è vero. La nostra città, per la sua posizione di servizio, ha bisogno di una struttura ospedaliera efficiente. Esigenza questa che possiamo ricollegare anche alla nostra storia.

LA STORIA

Se dobbiamo dar retta  allo storico dell’Ottocento Cav. Giuseppe Neroni, nelle sue “Memorie Storiche di S.Benedetto del Tronto “ pag.24, ci ricorda che “l’Ospedale qui, cosa oltremodo rarissima, esisteva fin dal secolo XV” ed aggiunge “ rifabbricato ora fin dalle fondamenta sul disegno del Reale di Torino per liberalità di un Prete Pizzi Parroco della Marina, aggiugneva non poco utile ed ornamento alla terra”. Ospedale, quest’ultimo, fu inaugurato nel 1880, ( come si può ancora leggere sul frontespizio del vecchio ospedale: Sancta Maria succurre miseris – A.D.MDCCCLIII) dopo alcune traversie, ed ha retto fino all’attuale  edificato su donazione della famiglia Voltattorni. Peccato che la “memoria” non sia Musa privilegiata delle nostre contrade, più solerti a distruggere che a conservare. G.G. Marquez nel libro :”Vivere per raccontarla”, afferma: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. L’antichissimo Ospedale sul Paese Alto fu distrutto dalle bombe del 1943, quello fatto “sul disegno del Reale di Torino”, è stato trasformato in una anonima palestra scolastica, nell’indifferenza generale.

Non vorremmo che simile sorte riservi il tempo all’attuale edificio ospedaliero, trasformandolo in un anonimo poliambulatorio o in un semplice Pronto Soccorso. Da chi dipende? La risposta è difficile a darsi, dovrebbe coinvolgere tutti: dalle Istituzioni politiche, da chi è preposto alla dirigenza, al personale medico e paramedico, a tutti i cittadini. C’è, purtroppo, una disaffezione generale  le cui cause vanno ricercate e una volta individuate, studiare i necessari rimedi.

Intanto noi continuiamo a pregare la Madonna del Soccorso aggiungendo a miseris anche la vita del nostro Ospedale.           

 

 

 

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