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Direttore Pompei: “La nuova povertà “post-coronavirus” ha bisogno di rispetto”

di Pietro Pompei

Uno spaccato della vecchia Sambenedetto lo ritrovo nella figura di un mio zio, fratello di nonno, nei momenti in cui, tornato dalla pesca sull’incerta lancetta ed essersi ben bene lavato, si metteva sull’uscio di casa,  accendeva la consunta pipa e seguendo le volute del fumo si metteva a filosofare. A raccogliere tutti i detti e i proverbi c’era da scrivere un libro; quanta saggezza! In un periodo in cui la pesca dava una dignitosa povertà, quando non c’era la pensione, non si sapeva cosa fossero gli ammortizzatori sociali, e si incominciava appena a parlare di partecipazione, di lotta per i diritti, di democrazia e si canticchiava ancora: se potessi avere mille lire al mese, lo zio era solito dire con quel dialetto che dava maggiore concretezza al linguaggio: “ Le chiacchiere fa i pedocchie, lu pa’ rrembie la panze” . Chi scriverà la nostra storia dovrà impazzire nel decifrare tutto quanto si dice e si scrive intorno alla terribile crisi che stiamo vivendo e nel fare ricerche in stanze ricolme di documenti, giornali e libri dove le tarme si sono divertite a cancellare  le virgole, i punti, gli interrogativi ed esclamativi. Intanto la panze rebbòle, non tanto perché viene a mancare il pane quanto perché sarà difficile riadattarsi a mangiarlo quando lo si è schifato sostituendolo con “nutelle” varie, aperitivi ed altre leccornie. Dov’è allora la crisi e come si fa per uscirne fuori? Tra le tante soluzioni lette negli anni delle continue crisi, mi sembra ancora di grande attualità un’affermazione accettabile anche se incompleta: occorre agire sui mezzi, sui fini e sulle persone. Occorrono insomma nuovi obiettivi, nuovi strumenti e nuovi uomini, ma occorre in modo particolare che ogni Istituzione pensi ad eseguire il compito assegnatole dalla Costituzione:  anzitutto che le banche smettano di fare speculazioni e facciano le banche, e i politici facciano i politici.

Dopo quel politici potremmo aggiungere: la società prenda coscienza dei suoi limiti e questo non come subordinazione né come rassegnazione, ma come il riappropriarsi della propria umanità. La teoria dei “superuomini” insinuata anche nei “cartoni animati” continua a fare troppi danni. Occorre portare rispetto alle persone specialmente di fronte alle nuove povertà. Felice intuizione dei primi Cristiani quando pensarono di mettere insieme tutti i loro beni perché tutti ne potessero usufruire allo stesso modo. Specie tra noi cattolici occorre essere oculati nelle proposte comunitarie ed evitare che le nostre richieste facciano emergere disuguaglianze che possano essere motivo di vergogna con conseguenze disgreganti specie nell’ambito familiare. Nel nostro fervore spesso non ce ne accorgiamo.

 

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Sara De Simplicio: