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FOTO Veglia Pasquale, Vescovo Carlo Bresciani: “La notte non avrà mai l’ultima parola”

DIOCESI – Sabato 11 aprile la nostra Chiesa Diocesana, in comunione con tutta la Chiesa, ha celebrato il terzo ed ultimo giorno del triduo pasquale che ha portato alla celebrazione del Signore Risorto. La giornata è iniziata, come avvenuto nei giorni precedenti, alle ore 10.00 in Cattedrale con la celebrazione dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi. Alle ore 18.00 ha avuto inizio la Veglia Pasquale presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani e concelebrata da alcuni sacerdoti della Diocesi. Per tre volte è risuonato nella chiesa vuota l’annuncio “Cristo luce del mondo! Rendiamo grazie a Dio” col quale i celebranti hanno pian piano preso posto sul presbiterio. Il diacono Walter Gandolfi ha proclamato l’antichissimo inno “Exultet” ed è così iniziata la Liturgia della Parola con la quale si fa memoria delle grandi opere di Dio. Alle 18.40 si è elevato il canto del “Gloria” mentre le campane suonavano a festa, annunciando ancora una volta la Resurrezione di Cristo. Pochi minuti dopo è stato annunciato al Vescovo Carlo l’”Alleluia”. Nonostante le ristrettezze imposte dal coronavirus e l’assenza dei fedeli, non si può dire che non sia stata ugualmente una cerimonia toccante, attraverso la quale ancora una volta si è fatta memoria della salvezza di Cristo sul peccato e sulla morte, come hanno potuto sperimentare tutti coloro che erano videocollegati attraverso l’emittente VeraTv o in streaming sulla nostra pagina web.

Durante l’omelia il Vescovo Carlo Bresciani ha detto: «“Sentinella, quanto resta della notte?” Abbiamo iniziato questa veglia nell’oscurità con questa domanda tratta dal profeta Isaia. Eravamo come coloro che immersi nell’oscurità della notte sono in attesa della luce dell’alba. Lo erano anche gli apostoli chiusi nel cenacolo, immersi nella notte dei loro spiriti calata per la morte di Gesù, forse persino dimentichi delle sue promesse. Erano immersi nella notte di coloro che hanno perso lo speranza e probabilmente anche con un senso di colpa per aver lasciato solo Gesù e per averlo rinnegato e tradito per paura. Si domandavano: “Che ne sarà di noi ora?”. Improvvisamente tutto sembrava finito, avvolto nell’incertezza del futuro e della solitudine per la perdita di colui sul quale avevano puntato tutte le loro certezza.

Questa notte è un po’ anche quella dell’umanità immersa nella paura e nell’incertezza che oggi avvolge il mondo intero a causa della pandemia provocata dal coronavirus. Tutti in qualche modo ci chiediamo: “Quanto resta di questa notte? Quando finirà questo buio che sembra spegnere la fiammella della speranza? Che ne sarà di noi ora?”.

La veglia che abbiamo vissuto ci ha portato a ripercorrere la lunga notte dell’umanità in attesa della luce aurorale della resurrezione, di quella luce che dà la vita. Attraverso le letture della Parola di Dio abbiamo ripercorso la speranza dei secoli, tenuta viva dai profeti e da quella promessa di Dio che il popolo di Israele non aveva mai dimenticato e a cui sei è sempre aggrappato anche nei periodi più bui della sua storia ed era una promessa di salvezza, di riscatto, di una vita nuova.

L’annuncio pasquale dell’Exultet che abbiamo proclamato accendendo il cero all’inizio della veglia ci ha invitato a guardare oltre la notte, perché dalla notte Dio ha saputo, per le sue ammirabili opere, trarre liberazione e vita. La liberazione dei figli di Israele dalla schiavitù d’Egitto, la nostra liberazione dalla morte e dal peccato e la nostra consacrazione all’amore del Padre che ci unisce nella Comunione dei Santi.

In questa notte che apparentemente sembra essere solo quella in cui regna la morte con tutte le paure e le ansietà che l’accompagnano, Gesù risorge vittorioso dal sepolcro. Ci può essere una notte di disperazione in cui non si vede la possibilità di un’aurora. Ma ci può essere anche una notte santa da cui scaturisce la luce dell’incontro con il Cristo Risorto. E questa notte santa che noi stasera celebriamo e viviamo è la notte gloriosa che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo Creatore. È la notte che ha liberato gli apostoli dalla paura e anche noi possiamo essere liberati dall’incontro con colui che ha vinto la morte per ridare a noi la vita.

“Sentinella, quanto resta della notte che stiamo attraversando?”. In preghiera questa domanda la rivolgiamo a Dio. Quanto resta di questa notte che ci rende tutti impauriti, timorosi, impediti perfino di incontrarci anche solo per celebrare insieme, timorosi di un nemico impalpabile e invisibile che è là fuori e che minaccia le nostre vite e quelle dei nostri cari? Quanto resta di questa notte non ci è dato saperlo. Come gli apostoli non sapevano che sarebbe finita la notte della loro paura. Ma noi sappiamo che la notte della paura finirà e la vita nuova trionferà. Lo sappiamo perché Cristo è uscito vivo da questa notte di morte e per questo lui è per sempre la nostra speranza che non delude. Felice la notte se apre all’incontro con la luce di Cristo che non conosce tramonto e dà nuove ali alla nostra speranza di vita oltre la morte.

Carissimi, le notti del mondo e le nostre notti possono essere tante e ci fanno soffrire e suscitano in noi una preghiera rivolta a Dio: “Signore, quanto resta della notte?”. Era il grido del popolo ebraico schiavo in Egitto. Era il grido dei deportati a Babilonia. È sempre stato il grido dei poveri della terra e questa sera è anche il grido che noi presentiamo al Signore. L’angelo di Dio ci risponde come ha risposto alle donne che cercavano Gesù nel sepolcro: “Non abbiate paura! Gesù è risorto!”. In lui la notte è vinta ed è vinta una volta per sempre. Egli non ci ha abbandonato! È vivo e resta accanto a noi per sostenerci nelle notti della nostra vita. Gesù risorto ci rinfranca, ricordandoci che la notte non avrà mai l’ultima parola e che oltre alla notte c’è la luce che non tramonta. Nemmeno il coronavirus può fermare la sua vicinanza a noi e spegnere quella luce che ci dà vita.

Carissimi, se il coronavirus minaccia il respiro dei nostri polmoni, non lasciamo che minacci anche il respiro della nostra speranza e ci tolga anche l’amicizia di Dio. Non togliamo ai nostri polmoni l’ossigeno della speranza che Gesù risorto ci vuole donare in abbondanza, per aiutarci ad attraversare la notte che stiamo vivendo e giungere a quel giorno senza tramonto, in quella pienezza di vita che va oltre questo mondo, la vita dei risorti. Che questo respiro non ci manchi mai! Che non ci manchi mai il respiro della Pasqua! Che il Signore ce lo mantenga sempre ed è questo il mio augurio di buona Pasqua a tutti voi».

Nicola Rosetti: