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Direttore Pompei: “Il Coronavirus, il Cholera morbus e la preghiera”

Pietro Pompei

DIOCESI – Spero di non essere accusato  di infantilismo o ancor peggio di fanatismo se in un momento come quello che stiamo vivendo , mi permetto di fare un riferimento al “Cholera morbus” che i nostri Padri affrontarono oltre un secolo e mezzo di anni fa e di cui qualche mese passato abbiamo fatto memoria. Fatte le debite proporzioni  avere avuto in un solo giorno 63 morti su una popolazione di appena 6000 abitanti c’era proprio da disperarsi  e ci fu un fuggi fuggi verso i paesi vicini che si spaventarono a loro volta e in parte  negando l’accoglienza. Certo la medicina del tempo non aveva fatto passi da gigante come l’abbiamo oggi, tuttavia i medici e le Autorità  fecero del tutto per arginare la catastrofe pagando anche di persona. La “peste”, come veniva semplicemente chiamata,  era sopraggiunta  dall’Asia e non c’era verso di poterla arrestare. Di fronte alla straordinarietà della situazione e l’impotenza degli uomini ci si ricordò di invocare l’Onnipotenza Divina ultima speranza di fronte ad un “morbo”che in pochi giorni aveva mietuto 374 vittime e sembrava inarrestabile. Il Popolo ricorse alla preghiera e tale fu la fiducia riposta in essa che le stesse Autorità, nonostante l’indifferenza e l’avversione che  i fatti storici avevano acuito, pensò bene  di assecondare, portandosi ai piedi dell’altare della Madonna Addolorata che ancor oggi si venera nella vecchia chiesa del Paese Alto. E pensarono bene di tradurre in un “Voto”la preghiera come segno di una convinta partecipazione al sentire popolare. E sappiamo come andò a finire. La Cronaca del tempo riportata dal nostro storico  maggiore Enrico Liburdi così  dice : ”Dieci altri giorni durò ancora quel tremendo flagello poi miracolosamente, tornò il sereno e rifiorì speranza di vita nelle nostre contrade paesane”.  (Per una storia di S.Benedetto del Tronto, pag.246)

Non sono né un procacciatore di miracoli né un nemico della scienza, e neppure un teologo né un esegeta, ma un cristiano che crede nel Vangelo e nel valore della preghiera e che nell’annaspare che fa la scienza in cerca di tamponare l’avanzata di questo terribile “virus” si sente di dire .”Gesù aiutala Tu!”. La Madonna non fece così alle nozze di Cana? Ci mise tutta la sua fede.  Noi non sappiamo più come proteggerci dalla tempesta televisiva dalle tante informazioni che con i numeri galoppanti e i luoghi  di avanzata del nemico misti  alla raccomandazione di  non avere paura, ci mette dentro un turbamento che ci accompagna tutta la giornata.  Il nome di un Ospedale, le quarantene  sono presenti a tutte le ore.

Notizie da tutto il mondo, un via vai di ambulanze, di gente con la bocca tappata, mai una chiesa dove si prega per i tanti fratelli che stanno soffrendo. Abbiamo sentito solo  Papa Francesco un paio di volte. Mi è uscito “fratelli”, mentre in tante parti si dà la caccia agli “untori” di manzoniana memoria.  Abbiamo riposto tanta fiducia nella scienza e aspettiamo “un vaccino” che tarda a venire, ed è bene.

Ma son sicuro che con un pò più di fede e qualche preghiera si accelerano i tempi. Perché i cristiani sono persone di speranza: Il vescovo di Nanyang, 98 anni, è il paziente più vecchio guarito dal coronavirus.

Redazione: