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Direttore Pompei: “Il Presepio nelle scuole è uno strumento prezioso di insegnamento”

Pietro Pompei

SAN BENEDETTO DEL TRONTO Una delle critiche ricorrenti sui metodi scolastici di oggi vi è quella di dare poca importanza alla memoria. Ed ecco il bagaglio di poeti e di poesie disseminate lungo l’arco dei cinque anni inumidite spesso da lacrime. Per il Natale tornava quasi sempre la filastrocca interminabile del rifiuto da parte di tutti, a cominciare dall’oste, di accogliere Giuseppe e Maria. Rimasero disponibili solo una stalla e una mangiatoia. Ci son voluti più di duemila anni per cacciarli anche da lì. Eppure in molte “favelas” o baraccopoli, ma anche nel vicino povero di casa, quella culla resta unica fonte di speranza in una vita travagliata! Ma non agitiamo l’acqua quieta di una vita sedentaria e senza problemi.

“Ma dimmi un po’- mi chiese un giorno un  amico sempre informato sui fatti di cronaca- quelle scuole che hanno sfrattato il Bambinello, a quale “chiodo” appenderanno la serie degli anni? Cosa diranno alla fine dell’anno: 2019 da…?
O hanno in progetto un calendario nuovo? La storia, nelle poche volte che lo ha fatto, l’ha pagata cara! Hanno cacciato via anche la poesia”. Sono i sentimenti che oggi fanno acqua.
C’è una voglia trasgressiva e di apparire spasmodica e pur di emergere si cercano le forme più astruse. Questi sono i tempi in cui Freud avrebbe fatto fortuna e sarebbe stato ospite fisso alla Televisione. C’è in giro un esercito di “scavatori” delle coscienze che affondano in un sub-conscio per rimuovere ostacoli veri e presunti. E riaffiorano sopiti rancori e pratiche religiose mal digerite. Una sorta di liberazione totale dalla quale si cade nel fatuo e nel nulla. Non per caso la “depressione” è diventata malattia sociale.
Si vuol far credere di essere onesti con se stessi e che certe azioni hanno il valore del rispetto degli altri, imponendo il proprio disagio.

Tutto questo può avere qualche attinenza con lo sfratto del Bambinello?
Il lettore mi perdonerà se spesso mi attardo sulla mia esperienza. Il Presepio è stato sempre un momento forte del mio insegnamento.
Da lì si spaziava dalla geografia alla storia, dalla religione ai problemi sociali ed anche alla psicologia dell’alunno. Usavamo materiale povero e talvolta era sufficiente una sola grande capanna con su, in alto, un grosso punto interrogativo: una domanda indefinita a cui agganciare l’esperienza di ciascun alunno. Quanta umanità ho trovato scritta sui  fogli che i ragazzi appendevano a quella capanna, fatta di incomprensioni, di litigi, di rancori, ma anche di gioie e di aspirazioni di un mondo familiare che solitamente rimane nascosto: materiale prezioso per un insegnamento mirato. Talvolta il Presepio era ad argomenti: se ci si inoltrava nello specchio del mondo, allora il Bambinello era di tutti i colori. Intorno a quella capanna c’era tutto un fervore di ricerche, di discussioni,  di inchieste, di ritagli di giornali, di riviste.
Il Presepio diventava il centro del mondo su cui localizzare geograficamente le zone di guerra, quelle della fame, quelle del benessere. Un anno azzardai un Presepio con personaggi presi dalla quotidianità : dalla famiglia, dai luoghi maggiormente frequentati, dalla strada, compresi gli animali. Il materiale da usare era a scelta, si poteva spaziare dal disegno alle foto, al diario, agli oggetti. Il primo risultato fu quello di un Presepio ricco di animali: dai cani in quantità, ai gatti, ai criceti, ai pesciolini, ai volatili di ogni specie e colore. Poi incominciarono ad arrivare disegni e foto di negozianti, di personaggi occasionali; man mano che si avvicinava il S.Natale giunsero volti familiari: prima gli amici, i parenti, poi i genitori,  i fratelli e sorelle. Dove collocarli era compito loro. Fu un anno di esperienza indimenticabile. Di Bambinelli ce ne furono a sufficienza, tra fratellini e sorelline, nessuno osò mettere i propri genitori al posto della Madonna e di S.Giuseppe. Su quelle scelte non si facevano domande.
Il giorno prima delle vacanze vidi uno dei ragazzi riprendere la foto del padre e avvolgerla nervosamente tra le dita. Non feci domande, ma quel gesto mi fece pensare. Seppi poi che l’uomo, in quei giorni, aveva abbandonato la famiglia e per quel ragazzo si prospettava un triste Natale. Il Presepio è anche questo.

 

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