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Vescovo Bresciani: “Il Libro di Giona? Il più bello della Bibbia, c’insegna a superare quei timori che nascono in ogni cammino nuovo”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Vocazione e missione: sono due cardini dell’identità di un credente, sui cui s’articola la storia del Profeta Giona. Una storia carica di simbologia e di spunti di riflessione, analizzata con dovizia di particolari dalla dottoressa Rosalba Manes (biblista, docente presso la Pontificia Università Gregoriana) durante un incontro coordinato dal vescovo Carlo Bresciani e svolto, mercoledì sera, presso il teatro parrocchiale di S. Filippo Neri.

In platea, suore, sacerdoti e tanti fedeli laici. Tra quest’ultimi, al termine della serata, c’è chi ha espresso così tutto il suo entusiasmo: «Questo incontro mi ha stimolato a leggere direttamente con i miei occhi il Libro di Giona». Non a caso, l’intervento dell’esperta, durato circa un’ora, ha fatto scoprire (o riscoprire) il fascino di un passaggio piuttosto piccolo della Bibbia (appena 4 capitoli per 48 versetti) ma comunque davvero ricco di aspetti interessanti. Sì, perché come ha detto la dottoressa Manes: «Il libro di Giona finisce con un punto interrogativo che è molto provocatorio. Perché Dio, potremmo dire, lancia una bomba alla fine di questo libro. Una forte provocazione, rivolta al Profeta, all’uomo di Dio, all’uomo religioso e, più in generale, alla persona credente. Una provocazione a mettersi nei panni di Dio. Immedesimarsi in Dio. Entrare nel cuore di Dio. Abitare i sentimenti di Dio. Fortemente provocatorio questo libro. Che termina così, invitando ogni lettore a dare la sua personale risposta».

L’incontro promosso dalla nostra Diocesi s’intitolavaIl Libro di Giona, capolavoro di missionarietà” ed è stato pensato nell’ambito del “Mese Missionario Straordinario – Ottobre 2019” indetto da Papa Francesco. Perché si è guardato al Profeta Giona? Perché questo libro riflette proprio sul cuore dell’identità di un credente. Vocazione e missione. Questo gioiello di teologia missionaria che è il Libro di Giona ci consegna almeno 7 temi importanti per riflettere sulla missione e, soprattutto, per accendere più luci sulla nostra identità di battezzati e battezzati. Innanzitutto, pone l’accento sul nostro stare davanti a una chiamata. Poi questo libro mette l’accento anche sullo stile della nostra presenza nel mondo, nella storia; nella nostra presenza nelle prove e nel rapporto con gli altri, diversi da noi. Il libro mette poi l’accento sulla missione vera e propria, vista proprio come un muoversi, uno spostarsi per andare a casa dell’altro con un messaggio. Quindi questo interpella un contenuto, uno stile, un vocabolario e interpella uno sguardo che si pone sull’altro, destinatario di questa missione. Il libro provoca anche sul tema di come noi sentiamo il rapporto con Dio. Ci mette faccia a faccia con Dio, costruttivo per la nostra identità di credenti. Come sesto punto: il perimetro del nostro cuore. Cosa in questo cuore ha un primato, quali sono i nostri legami preferenziali e poi, ultimo, che ci viene presentato con la domanda finale: se riusciamo, nel nostro cammino di credenti, a sintonizzare il cuore col cuore di Dio».

Perché, dunque, da questo libro emerge un capolavoro di teologia missionaria? «Quasi per via negativa, possiamo contemplare tutti gli elementi che sono caratteristici di una missione, che non è solo un progetto, ma un travaglio, un apprendistato. Quello che il profeta deve fare. Il libro ci mette davanti a questa verità: nessuno è un chiamato perfetto nel momento in cui è chiamato. Nessuno è un prodotto perfetto di un progetto pastorale. Ma ognuno di fronte alla chiamata di Dio sente la sua sproporzione. Ed è bello che la senta, perché sentendo la nostra sproporzione sentiamo l’eccellenza di Dio. E capiamo chi siamo noi e chi è Dio».

Secondo il vescovo Carlo: «Questo libro è il più bello di tutta la Bibbia. Ci dice tante cose sul modo di essere di Dio, di quello che Dio chiede a noi. La profonda umanità di Giona, con tutti i suoi limiti, ci restituisce la fatica a comprendere il cuore di Dio: presupponendo di interpretarlo bene, spesso lo restringiamo. Mentre invece il cuore di Dio ci dice di aprirci a tutti, di uscire da chiusure e di aprirci a quell’universalismo che il Libro di Giona, di fatto, sottende. Com’è stato chiamato a fare Giona, anche noi dobbiamo superare quei timori che inevitabilmente nascono dentro ogni cammino che porta con sé delle sfide, delle novità e, forse, anche delle prove».

Il video completo dell’incontro è disponibile cliccando qui

Marco Braccetti: