A oggi, 142 milioni di bambini vivono in zone di conflitti ad alta intensità e 24 milioni di bambini soffrono delle gravi conseguenze delle guerre sulla loro salute mentale. Tra questi, 7 milioni sono a rischio di sviluppare disturbi mentali acuti. Un dramma, quello dell’impatto psicologico dei conflitti, che si mostra quotidianamente con i sintomi di depressione, ansia, atti di autolesionismo, fino ad arrivare talvolta a tendenze suicide. Eppure solo lo 0,14% di tutta l’assistenza ufficiale allo sviluppo era destinata al supporto dei bambini con problemi di salute mentale. È l’allarme lanciato da Save the Children nel nuovo Rapporto “La strada verso la guarigione: supportare la salute mentale dei bambini nei conflitti”, alla vigilia del meeting dell’assemblea generale delle Nazioni Unite della prossima settimana. Il rapporto riferisce gli esiti di una ricerca condotta dall’organizzazione in alcuni paesi colpiti da conflitti. E attesta che i bambini hanno detto di essere esposti a gravi violazioni, dal lavoro minorile, alla violenza di genere, compresa la violenza sessuale. “Dal 2010, il numero di bambini che vive in zone di conflitto è aumentato del 37%, ma il numero di gravi violazioni verificate nei loro confronti – tra cui uccisioni e mutilazioni, reclutamento nelle forze armate e violenza sessuale – è aumentato del 174%”, sono i dati comunicati dall’ong. Che segnala anche come “nel 2017 circa 173.800 bambini si sono ritrovati soli o separati dalle loro famiglie a causa degli scontri e più di 8mila tra ragazzi e ragazze, in zone di conflitto, sono stati rapiti, reclutati e usati dalle forze armate”.