Sara Malaspina, classe 1984, è autrice del volume La criminalità organizzata nelle Marche edito da Homless Book. L’opera, fresca di stampa, analizza le attività malavitose che rendono la nostra regione un po’ meno isola felice di quanto comunemente si pensi e sono il risultato di un lavoro di analisi e di studio, condotto con fonti investigative e giudiziarie, accademiche e giornalistiche. Secondo l’autrice «il fenomeno del crimine organizzato nelle regioni diverse da quelle ove tradizionalmente le associazioni mafiose sono nate, si manifesta in forme differenti da quelle tradizionali, ma non per questo meno pericolose» (p. 15).

Il panorama dell’attività criminale nella nostra regione è variegato e «l’esperienza quotidiana degli ultimi decenni dimostra i tentativi di penetrazione di insediamenti criminali riferibili alle tradizionali organizzazioni di tipo mafioso: cosa nostra, ‘ndrangheta, camorra e criminalità organizzata pugliese, ivi incluse quelle straniere (p. 27). Queste organizzazioni sono prevalentemente dedite al narcotraffico, alla tratta di esseri umani ed al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, senza escludere il deplorevole fenomeno del riciclaggio.

Impressionanti i numeri: «nel rapporto Transcrime, i dati diffusi misurando l’indice di presenza mafiosa (IPM) sul territorio marchigiano, ottenuto dalla combinazione di: omicidi e tentati omicidi di stampo mafioso (2004-2011), dalle persone denunciate per associazione mafiosa (2004-2011), dai Comuni e pubbliche amministrazioni sciolte per infiltrazione mafiosa (2000-2012), dai beni confiscati alla criminalità organizzata (2000-2011) e dai gruppi attivi riportati nelle relazioni DIA e DNA (2000-2011), sembrano accreditare la ‘ndrangheta come dominante, con una presenza sempre più massiccia ed incisiva, seguita dalla camorra. Segnatamente: 54,8% ‘ndrangheta; 21,5% camorra; 16,7% criminalità organizzata pugliese; 7% Cosa nostra. Quindi, si rivela molto elevato il rischio di infiltrazione mafiosa cui sono esposti i territori provinciali: Ancona 19,88%; Pesaro-Urbino 33,15%; Ascoli Piceno 34,93; Macerata: 33,10%» (p. 44).

Per quanto riguarda in particolare il nostro territorio «nella provincia di Ascoli Piceno, in corrispondenza del litorale ricompreso tra San Benedetto del Tronto e Civitanova Marche, si registra la presenza di compagini delinquenziali di matrice siciliana, campana e pugliese. I fenomeni delittuosi più significativi afferiscono al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, ai reati predatori, alla proliferazione del gioco d’azzardo, alle pratiche usuraie ed estorsive, spesso strettamente collegate – sempre lungo la fascia costiera e di confine con la provincia di Macerata – alla presenza di locali di intrattenimento notturno» (pp. 53-54).

Per quanto riguarda lo spaccio di sostanze stupefacenti, le organizzazioni criminali si sono divise il mercato: «per la cocaina: la ‘ndrangheta, la camorra e le organizzazioni balcaniche e sud americane; per l’eroina: la criminalità campana e pugliese in stretto contatto con le organizzazioni albanesi e balcaniche; per i derivati della cannabis la criminalità laziale, pugliese e siciliana, insieme a gruppi maghrebini, spagnoli e albanesi» (p. 66).

Sempre per quanto riguarda gli stupefacenti, «le Marche sono la regione dove sono stati sequestrati ingenti quantitativi di droga e dove si registra uno dei tassi più alti di nuovi utenti delle strutture assistenziali. Nel 2017, in questa regione è stato registrato un incremento del 3,81% delle operazioni antidroga rispetto all’anno precedente. I sequestri quantitativamente più rilevanti sono stati di cocaina (+154,13%) e di marijuana (+154,73%)» (p. 66).

Il volume non mancherà di far discutere e certamente contribuirà a sollevare il dibattito su un problema che fino ad ora è stato poco affrontato. A questo contribuirà sicuramente l’attendibilità del lavoro che è corredato da inoppugnabili fonti.

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