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Sant’Egidio alla Vibrata, lettera aperta di Don Luigino Scarponi al Sindaco Elicio e ai consiglieri comunali

SANT’EGIDIO ALLA VIBRATA – Pubblichiamo la lettera di Don Luigino Scarponi, parroco della Chiesa di Sant’Egidio Abate.

Egregio Sindaco, Carissimo Elicio; Onorevoli Consiglieri, Amici Santegidiesi,
desidero essere presente a questa prima convocazione inaugurale del Consiglio Comunale per esprimere voti augurali, ma soprattutto per promettere assidua preghiera nell’Assemblea Eucaristica domenicale “perché potessimo vivere giorni sereni”.
Con spirito di collaborazione mi rivolgo a voi che siete stati eletti: depositari della fiducia degli elettori per l’amministrazione della “Cosa Pubblica” e perciò chiamati ad esercitare un preciso e prestigioso servizio a favore della Comunità Santegidiese.
Nella passata campagna elettorale ho assistito, compiaciuto, ad un generosa competizione e a un ricco dispiegamento di persone, di progetti e buoni propositi. Eccovi alla prova dei fatti!
Rappresentate la totalità della cittadinanza e, anche se nella diversità dei ruoli, avete tutti insieme la possibilità e la capacità di realizzare quel “bene comune” che la Comunità Santegidiese si aspetta.
Il “bene comune” impegna tutti i membri della società Santegidiese, ma soprattutto, tutti voi: nessuno è esentato dal collaborare, a seconda dei propri ruoli e capacità, al suo raggiungimento e al suo sviluppo, “con umiltà e mitezza, competenza e trasparenza, lealtà e rispetto verso gli avversari, preferendo il dialogo allo scontro, rispettando le esigenze del metodo democratico, sollecitando il consenso più largo possibile per l’attuazione di ciò che obiettivamente è un bene per tutti”.
La prospettiva in cui dovete vivere l’impegno per il “bene comune” vi viene suggerita da Papa Francesco: “Un politico mai, mai deve seminare odio e paura, soltanto speranza. Giusta, esigente, ma speranza: perché deve condurre il Paese lì».
La Società Santegidiese è multietnica: la domenica la piazza parla albanese, settori del commercio sono in mano cinese, diverse famiglie sono musulmane e parlano arabo; nelle scuole, nello sport e tempo libero, bambini, fanciulli, ragazzi e giovani di lingua, cultura e pelle diversi vivono gomito a gomito, socializzano, si integrano e mettono le fondamenta della nuova Sant’Egidio, dell’uomo Europeo, planetario; anche in questo ambito Papa Francesco in diverse occasioni affronta il tema delle relazioni e richiama la Politica a “costruire ponti, promuovere processi di inclusione e favorire situazioni di integrazione”… ambiti affascinanti e impegnativi nei quali siamo chiamati a collaborare nel rispetto delle complementari competenze, mettendo insieme le risorse, come già facciamo ad esempio nell’ambito caritativo, ancor più possiamo fare nell’ambito educativo e formativo.
Anche Sant’Egidio è una società in cui la pace (lu bbè) e i giovani condividono la stessa condizione: marginale e sempre più precaria. La pace e i giovani camminano insieme e se davvero vogliamo costruire un futuro di giustizia e di pace dobbiamo aprirci ai giovani, investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Sant’Egidio deve diventare una scuola di pace3. Educare alla pace è difficile ma sempre più urgente. Le sfide poste dalla crisi economica, da un mondo in digitale e da una politica dove vince chi “parla con la pancia più che con la testa”, richiedono nuovi investimenti, nuove energie, nuove competenze, abilità e comportamenti coerenti. Per questo è necessario unire le forze e sviluppare una nuova “alleanza educativa” di tutti i soggetti responsabili. Con questa consapevolezza, il Comune deve sostenere la costruzione di una Rete, dove insieme Scuola, Parrocchia, Associazioni siano impegnati nell’educazione dei giovani alla pace, alla giustizia, alla cittadinanza, alla legalità, ai diritti umani e alla responsabilità. Una Rete capace di valorizzare le tante, belle risorse, esperienze e competenze che esistono nel nostro paese, di dare impulso a una nuova vasta azione culturale radicata sul territorio.
Plaudo, ciò che già vedo nella composizione del nuovo Consiglio, il dialogo tra giovani e anziani “ricetta” di Papa Francesco: “Le radici le danno i vecchi. Per questo, quando dico che i giovani devono incontrarsi con i vecchi, non esprimo un’idea romantica. Fateli parlare”.
Auspico che si realizzi anche nel quotidiano, come leggo nei vostri programmi, promuovendo il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte fondamentali con appositi meccanismi di democrazia partecipativa.
Buon Lavoro!
Con sincera stima, fiducia e ammirazione vi benedico tutti.

Redazione: