Se nel nostro territorio diocesano sono numerosi gli edifici riaperti al culto grazie agli interventi di restauro resi necessari dopo gli eventi sismici del 2016, non si può dire la stessa cosa per l’intera regione Marche. È quello che emerge da quanto ci ha detto Mons. Stefano Russo, Segretario Generale della Cei e fino al mese scorso Vescovo della diocesi di Fabriano-Matelica.

In che condizioni sono i beni culturali di pertinenza ecclesiastica colpiti dal terremoto? Come procede la loro ricostruzione?
Tutte le diocesi si sono date da fare per collaborare affinché si arrivasse a un piano condiviso di intervento. Pertanto è stato fatto un lavoro straordinario da parte delle diocesi di inventariazione e catalogazione del patrimonio devastato, in collaborazione anche con gli enti e le istituzioni pubbliche. Adesso siamo bloccati rispetto alla ricostruzione delle chiese che stenta ad avviarsi: sono stati fatti dei lavori di messa in sicurezza, ma la ricostruzione vera e propria non ha avuto ancora inizio. Speriamo che la situazione si sblocchi e che non sia necessario aspettare ancora tanto tempo, perché comunque parliamo di oltre 2000 edifici di culto resi inagibili a causa degli eventi sismici che si sono verificati nel 2016.

Quale è stata la reazione della popolazione dei territori colpiti dal sisma in particolare rispetto ai beni artistici della propria terra?
La gente che abita questi territori è fortemente appassionata: ce lo dimostrano le tante storie di persone che, nonostante abbiano avuto il proprio paese devastato, sono rimaste lì vicino ai loro luoghi. Questo attaccamento alla propria terra deve comunque essere accompagnato da azioni di ricostruzione, soprattutto nei luoghi più significativamente colpiti, affinché le persone possano tornare lì e non trovare soltanto una casa, ma delle forme e dei motivi di sussistenza. Si tratta di un lavoro in parte iniziato, ma che deve essere necessariamente accelerato.

C’è qualche edificio interessato dal terremoto che le sta particolarmente a cuore?
Anche se sono amministratore di Fabriano-Matelica, dove abbiamo comunque avuto diversi danni, sono originario del Piceno, un territorio che ha avuto paesi rasi a terra. Ci sono edifici che sono stati messi in sicurezza come la Madonna del Sole a Capodacqua e che certamente costituisce un bene che è stato salvaguardato. Ci sono invece edifici in cui non è stato possibile fare ciò, come ad esempio Santa Maria in Pantano, in località Montegallo: questa chiesa che aveva un grandissimo valore da un punto di vista storico, artistico e paesaggistico, perché è inserita proprio in mezzo alle montagne, praticamente non c’è più.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *