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Ucraina, alla prova del voto

M. Chiara Biagioni

Un Paese visto sempre come un “problema dal punto di vista sociale, politico, ecumenico, diplomatico, militare”. L’Ucraina non ci sta più: vuole uscire da questo cliché e presentarsi invece all’Europa “come una soluzione ai tanti problemi che attraversano il continente”. Ma per esserlo, le prossime elezioni presidenziali e parlamentari di quest’anno saranno di cruciale importanza. Il primo appuntamento elettorale sarà domenica 31 marzo per eleggere il nuovo presidente. Poi di nuovo ad ottobre per la formazione del nuovo Parlamento.  Consapevole che sulla scelta del nuovo leader e della compagine parlamentare, si giocherà il futuro del Paese, la Chiesa greco-cattolica ucraina è scesa in campo nella speranza che le due tornate elettorali possano finalmente condurre il Paese verso una democrazia “autentica e moderna”.

E’ Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk a fare il punto sulla situazione del Paesecon un gruppo di giornalisti che ha incontrato a Roma, all’indomani del summit vaticano sulla protezione dei minori nella Chiesa dove ha partecipato come capo della Chiesa greco-cattolica di Ucraina. “Il mio popolo è ferito. E’ un popolo sofferente”, esordisce nel suo racconto. E tre sono “le ferite inferte nella carne”: la pesante eredità del periodo sovietico che impedisce ancora oggi all’Ucraina di spiccare il volo verso una democrazia matura; la corruzione, un “cancro che ha contaminato il Paese” provocando un profondo disorientamento; il conflitto dimenticato del Donbass, “non una guerra fratricida” ma “un gioco politico tra i potenti del mondo”,

una guerra voluta a tavolino “da chi ha deciso di investire nella morte”.

E’ un anno che in tutte le parrocchie greco-cattoliche del Paese si prega per le elezioni presidenziali. Anche qui il rischio è quello del populismo. A più riprese, Sua Beatitudine ha messo in guardia i suoi fedeli dal non cedere alla “illusione” di chi “promette soluzioni facili a situazioni complesse” e, amareggiato, aggiunge: “dei 44 candidati alle elezioni, gran parte possono essere individuati come populisti”. Altra indicazione è quella di non scegliere “rappresentanti di partiti politici che promuovono la violenza e incitano i conflitti” canalizzando verso strade oscure e pericolose “il dolore della gente”. “Mai la violenza può essere un mezzo per arrivare al bene comune”. E poi la “vendita dei voti”: una consuetudine che fa presa soprattutto tra le fasce più povere del paese ma nei confronti della quale Sua Beatitudine usa parole durissime: “vendere la propria coscienza è un peccato grave.

“Io dico sempre: non votate per chi vende i propri voti perché se così fate,  distruggerete il vostro Paese”.

E’ di pochi giorni fa la pubblicazione del “decalogo del cittadino responsabile e del politico cristiano” che in vista delle elezioni presidenziali sarà letto in tutte le parrocchie greco-cattoliche. E’ innanzitutto un invito ad andare a votare perché non farlo è un segno di “indifferenza nei confronti di tutta la società”. E poi è una  indicazione delle principali caratteristiche che deve avere un candidato per essere votato: “osservare i valori cristiani nelle proprie attività politiche”, “partecipare alla stesura di leggi giuste”, “condannare senza compromessi la corruzione”, “non abusare del potere guidati da motivi egoistici”, non cercare di “soddisfare interessi privati o aziendali di qualcuno a scapito del bene comune”.

Nonostante gli sforzi diplomatici e negoziali in corso, la guerra nella parte orientale dell’Ucraina continua e ha finora causato più di 12mila vittime ed oltre 1,5 milioni di sfollati. Una piaga, anzi “la” piaga che nella indifferenza più totale pulsa nel cuore dell’Europa. Sua Beatitudine parla di ferite inferte “nelle anime e nel corpo delle persone”. Sono stati avviati programmi di informazione per tutto il clero perché sappia individuare nelle persone i tratti tipici della “sindrome post-traumatica” e quindi convincerle a farsi aiutare da medici e specialisti. “Davvero possiamo dire – racconta Shevchuk – che la Chiesa in Ucraina è come ha indicato papa Francesco, un vero ospedale da campo”. Ma le ferite sono anche esistenziali.

“Le madri vengono da noi con le foto dei loro ragazzi morti e ci chiedono, piangendo: dov’era Dio quando mio figlio moriva?”.

“Nessun politico, nessun diplomatico, nessuno scienziato può dare una risposta a queste domande”. Solo l’amore, la vicinanza possono scaldare i cuori. “Quando gli ucraini vedono che Papa Francesco prega per loro, quando ricevono un gesto di solidarietà, quando vedono una Chiesa in servizio, solo allora capiscono di non essere soli, di non essere stati abbandonati da Dio”.  E’ questo “il ruolo” che la Chiesa vuole svolgere nella società. “Noi siamo sempre stati una Chiesa del popolo”, dice Shevchuk. “E mai siamo e saremo una Chiesa dello Stato”.

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