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Parlamento europeo: cento giorni al voto

Gianni Borsa

Cento giorni alle elezioni europee: le più attese, discusse, contrastate elezioni del Parlamento europeo da quando nel 1979, giusto 40 anni fa, l’Assemblea comunitaria fu eletta per la prima volta a suffragio universale. Cento giorni a contare dal 13 febbraio, per arrivare al 23 maggio, quando saranno i cittadini olandesi ad aprire le danze del voto europeo che, come da tradizione, si spalmerà su quattro giorni. Dopo i Paesi Bassi, sarà la volta del voto in Irlanda (24 maggio) e Repubblica Ceca (24 e 25 maggio), quindi in Lettonia, a Malta e in Slovacchia (25 maggio). Il ciclo elettorale si chiuderà domenica 26 maggio con gli altri 21 Paesi alle urne, fra cui Italia, Germania, Francia, Spagna, Polonia, Romania, Ungheria, Austria, Grecia, Portogallo. I cittadini invieranno a Strasburgo 705 eurodeputati, fra cui 76 italiani: finora erano 751 (73 gli italiani), ma con l’uscita del Regno Unito vi sarà una contrazione dei seggi.

Calendario fitto. In questi 100 giorni, oltre alla campagna elettorale che ha ormai informalmente preso avvio, sono in calendario gli ultimi lavori del Parlamento europeo prima di mandare in soffitta la legislatura, e il Consiglio europeo del 21 e 22 marzo, il quale dovrebbe (condizionale d’obbligo) mettere il sigillo sul Brexit, fissato il successivo 29 marzo. Poi il 9 maggio, festa d’Europa, un summit straordinario dei capi di Stato e di governo a Sibiu, in Romania, per lanciare un messaggio ai cittadini sul futuro d’Europa, con un parallelo invito al voto.

A seguire le elezioni di fine maggio, l’insediamento del nuovo Parlamento (2 luglio), le tappe per eleggere il presidente dell’Assemblea di Strasburgo e l’iter per il varo della futura Commissione Ue che prenderà il posto, in autunno, dell’Esecutivo guidato in questi cinque anni da Jean-Claude Juncker.

600 proposte di legge. Quella che si conclude è stata una legislatura piuttosto “produttiva” sul piano legislativo: nel frattempo il Parlamento europeo ha dovuto misurarsi con varie emergenze politiche e sociali fra cui i flussi migratori, la faticosa ripresa post-recessione economica, il terrorismo, le crisi regionali (Siria, Africa), le minacce nazionaliste e protezioniste provenienti da Stati Uniti, Russia e Turchia. L’ottava legislatura, dunque, ha affrontato 600 proposte di legge provenienti dalla Commissione, per le quali l’Assemblea si è misurata, in codecisione, con il Consiglio Ue. Ma fra commissioni parlamentari ed emiciclo sono passate anche un migliaio di procedure non legislative.

Dal roaming al Brexit. Gli eurodeputati hanno deliberato sul bilancio comunitario, sulla sicurezza dei voli aerei e i diritti dei passeggeri, hanno abolito il roaming. Hanno discusso e votato provvedimenti relativi ai fondi strutturali, al sostegno agli agricoltori, alla protezione dei dati, al libero accesso a internet.

Il Parlamento si è occupato – sempre per limitarsi ad alcuni esempi – degli accordi commerciali con il Canada, con il Giappone e con Singapore; ha più volte affrontato materie legate alla salute dei cittadini, alla protezione dei consumatori, ai diritti delle minoranze, alle piccole e medie imprese, alla tutela ambientale e alla lotta al cambiamento climatico.

Il Brexit ha accompagnato l’ultima metà della legislatura.

Un po’ di numeri… Qualche curiosità viene dai numeri: fra il 2014 e la fine del 2018 (non considerando dunque le ultime plenarie da gennaio ad aprile 2019), si sono avute 1.993 ore di sessioni plenarie, durante le quali i deputati hanno espresso il loro voto 23.551 volte (relazioni, risoluzioni, emendamenti…). Prima delle elezioni, il Parlamento europeo si riunisce ancora 5 volte in sessione plenaria: questa settimana a Strasburgo (11-14 febbraio); 11-14 marzo e 25-28 marzo nuovamente a Strasburgo; 3-4 aprile a Bruxelles; infine 15-18 aprile ancora a Strasburgo. Nel frattempo proseguono i lavori nelle commissioni parlamentari e nei gruppi politici, in vista di una campagna elettorale che ci si attende particolarmente calda.

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