Lettera dalla Caritas febbraio 2019

Il mese di febbraio quasi ci costringe a chinarci con la preghiera, la riflessione, la concretezza di iniziative sul dono della vita. Abbiamo celebrato la giornata della vita nella prima domenica, celebreremo la giornata mondiale del malato lunedì 11 febbraio ed oggi siamo invitati a metterci insieme contro la tratta. Solo insieme infatti potremo percorrere il lungo cammino della libertà, promuovere la dignità di ogni persona; solo insieme possiamo realizzarci come persone, insieme, come sorelle e fratelli, figlie e figli tutti dello stesso Padre.

Siamo alla V giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone che si celebra ogni 8 febbraio nella memoria liturgica di santa Bakhita, la schiava divenuta Santa. Originaria di un piccolo villaggio del Darfur, in Africa, fu rapita a sette anni per essere venduta al mercato. Sebbene la tratta degli schiavi fosse stata bandita nella prima metà dell’Ottocento dai Paesi europei e dagli Stati Uniti, tuttavia il commercio era ancora fiorente, come purtroppo lo è oggi! Da allora iniziò un viaggio di stenti e minacce, passando di padrone in padrone. Fu anche marchiata: le furono disegnati oltre cento segni sul petto, sul ventre e sul braccio, incisi con un rasoio ed infine salati affinché le cicatrici fossero permanenti. Il trauma fu tale che subì un vuoto di memoria che la portò a dimenticare addirittura il suo nome. Bakhita (significa ‘fortunata’) fu il nome che le fu imposto in seguito. Infine fu liberata da un diplomatico italiano, che la portò in Italia, dove conobbe la fede, l’amore di Gesù e divenne suora canossiana a Schio dove per 50 anni fu un esempio di santità.

Purtroppo gli schiavi esistono ancora. Il pensiero va ai racconti di tanti immigrati nei passati per i campi della Libia! Sembra che siano 40 milioni le persone al mondo intrappolate in moderne schiavitù, principalmente donne e ragazze. Nel nostro territorio la forma più terribile e più presente è quella dello sfruttamento sessuale. Molte donne, a volte minorenni, provenienti da nazioni povere, sono costrette a soddisfare le turpi richieste sessuali di uomini italiani senza scrupoli.

Lo sapeva bene don Oreste Benzi, il sacerdote che ha percorso anche le nostre conosciute strade per strappare tanti schiavi dall’inferno della prostituzione: «Le donne che si prostituiscono sono schiave e i loro clienti sono complici degli schiavisti».

Ci diceva un parroco che nel territorio della sua parrocchia sospettano la presenza della mafia nigeriana che costringe le ragazze a prostituirsi e i ragazzi ad elemosinare davanti alla Chiese.

Viene da chiedersi: perché la depravazione del traffico umano persiste nel 21.mo secolo? Si può intuire la risposta: la tratta è molte redditizia! Ma non si può dimenticare che dietro ci sono storie umane intrise di sofferenze indicibili! Quanti racconti di orrori vissuti sulla pelle specie di giovani vite, perpetrati ancora oggi, ogni giorno, in diversi Paesi del mondo si potrebbero mettere insieme!

Cosa possiamo fare? Ci sono già persone nel territorio che assistono le vittime, ma non basta liberare le vittime occorre liberare anche i clienti che sono complici a tutti gli effetti perché a tutti sia restituita dignità. Nessuno può rimanere indifferente occorre denunciare e pregare.

Scrive papa Francesco: “Anche se cerchiamo di ignorarlo, la schiavitù non è qualcosa di altri tempi. Di fronte a questa realtà tragica, nessuno può lavarsi le mani se non vuole essere, in qualche modo, complice di questo crimine contro l’umanità. Non possiamo ignorare che oggi esiste la schiavitù nel mondo, tanto o forse più di prima. Preghiamo per l’accoglienza generosa delle vittime della tratta delle persone, della prostituzione forzata e della violenza”.

Facciamo nostro l’invito del papa a cominciare dalla preghiera.

Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi… Una cosa, …, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: (…) tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi.

(Etty Hillesum)

 

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