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Buenos Aires blindata per il G20

Bruno Desidera

In centro, una città blindata e praticamente inaccessibile. In periferia, nelle cosiddette villas miserias, la coda che si ingrossa ogni giorno davanti alle parrocchie, per avere aiuti e alimenti. Sono le due istantanee della Buenos Aires che si appresta a ospitare il vertice del G20, che si tiene il 30 novembre e il 1° dicembre. I leader dei maggiori Paesi del mondo e le loro numerosissime delegazioni (in tutto 10mila persone) stanno per sbarcare all’aeroporto Jorge Newbery, nella zona portuale del quartiere Palermo, per trasferirsi nel vicino centro congressi Costa Salguero.
Per l’Argentina e per la sua capitale è un momento storico:

per la prima volta un vertice del G20 si tiene in una città dell’America Latina, il Paese non ha mai ospitato un evento politico di tale portata. Ma tutto ciò avviene nel momento peggiore possibile: il Paese è ripiombato in una gravissima crisi monetaria ed economica, la povertà è in grande aumento e i momenti della preparazione del vertice sono stati vissuti in un clima di tensione.

Da giorni la città, scossa anche dagli incidenti accaduti prima della finale della Copa Libertadores tra le due maggiori squadre della città, il River Plate e il Boca Juniors, è praticamente paralizzata. La posta in gioco è alta e le autorità, a partire dal presidente Mauricio Macri, non possono permettersi violenti scontri e incidenti. Così, la metropoli è un ribollire di sentimenti contrastanti: rabbia, indifferenza e rassegnazione, qualche flebile speranza.

Povertà crescente e una città blindata. La stessa Chiesa argentina ha tenuto in questi giorni un profilo di discrezione e prudenza, grande è il rischio di strumentalizzazioni e manipolazioni. Ma continua nella sua attività quotidiana accanto ai poveri e agli esclusi, in particolare attraverso i “curas villeros”, i sacerdoti delle villas, la cui pastorale ha ricevuto un grande impulso quando era arcivescovo di Buenos Aires il cardinale Jorge Mario Bergoglio.

Uno di loro, padre Carlos “Charly” Olivero, che opera nella più vasta villa di Buenos Aires, la 21-24-Navaleta, è in questi giorni a Roma, per partecipare a un seminario sulle tossicodipendenze in Vaticano. “Non ho la competenza per discutere dell’agenda del G20 – spiega al Sir – ma dubito che dal vertice possano arrivare risposte alle domande della gente più semplice e povera”. La quotidianità delle famiglie delle periferie si fa ogni giorno più dura: “La situazione in tutto il Paese è molto delicata – continua il sacerdote – l’inflazione cresce, i salari contano sempre meno. La gente fa la fila ogni giorno nelle nostre parrocchie ed è disperata”. Insomma, anche se i problemi delle villas, baraccopoli costruite spesso vicino alle discariche e popolate da molti migranti e scarti della società, sono indubbiamente legati all’agenda dei grandi temi globali (diseguaglianza, ingiustizie sociali, ambiente, narcotraffico, criminalità),

il G20 appare lontano, sfuocato e inaccessibile.

“C’è un grande spiegamento di mezzi per garantire la sicurezza – aggiunge padre Charlie -. Il centro è blindato e inaccessibile, la metropolitana e molte strade sono chiuse, i mezzi pubblici non circolano. Non nego che nelle scorse settimane c’è stata una forte tensione sociale, ma dubito che avrà lo spazio di esprimersi, il Governo è terrorizzato che possa succedere qualcosa”.

Un’occasione per l’Argentina. Non manca, però, qualche speranza. Ne è convinto l’economista dell’Università Cattolica argentina (Uca) Eduardo Donza, tra i curatori dell’annuale Barometro sul disagio sociale. “Viviamo una situazione delicata e che un vertice del G20 si svolga in tale contesto può apparire paradossale. Tuttavia,

sono convinto che questo evento possa rappresentare una possibilità e una vetrina per il Paese.

Penso alle esportazioni dei prodotti argentini, o al turismo. Ritengo che sia sensato guardare a questi aspetti positivi più che ai limiti”. Sulla situazione economica del Paese, Donza fa notare che, almeno, dopo l’accordo con il Fondo monetario internazionale, “il cambio tra il peso e il dollaro si è stabilizzato, però questo ha portato a ulteriori restrizioni. Speriamo che nel 2019 si possa assistere a qualche miglioramento concreto”.

Le proposte delle religioni. Certamente, il G20 è stato preso sul serio dalle organizzazioni religiose ed ecumeniche che due mesi fa hanno promosso nella capitale argentina il “G20 Interfaith”, all’insegna del dialogo tra le religioni. I lavori hanno prodotto una dichiarazione finale, nella quale appare anche un appello ai governi del G20, che “hanno la possibilità di assumere un ruolo attivo attraverso azioni che riducano la molteplicità di diseguaglianze che mettono anche in pericolo il futuro dell’umanità. Come leader religiosi e persone credenti ci impegniamo a promuovere congiuntamente buone pratiche per ridurre le scandalose diseguaglianze e per collaborare nel la generazione di maggiori opportunità, affinché tutta l’umanità abbia l’accesso a una vita piena e abbondante”.

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