X

Il Vescovo Bresciani agli scout: “stiamo attenti a non abbassare la proposta, rischieremmo di renderla insignificante”

Di Rita Brutti

DIOCESI – Il Vescovo Carlo Bresciani ha incontrato, presso la parrocchia di San Pio V di Grottammare, i gruppi scout della Provincia di Ascoli Piceno ed ha risposto alle loro domande. Il filo conduttore dell’incontro è stato: “Essere Chiesa: responsabilità e difficoltà”. Di seguito le domande dei capi scout e le risposte di Mons. Bresciani.

Rabbi, maestro dove dimori?” E’ la domanda con la quale due discepoli di Giovanni Battista, uno dei quali Andrea, fratello di Pietro si rivolgono a Gesù, vedendolo passare sulle rive del Giordano. Sua Eccellenza, la difficoltà che noi capi abbiamo è la fatica ad avere un contatto più diretto con lei. A noi piacerebbe che i nostri lupetti e coccinelle, Esploratori/Guide, i Rover e le Scolte La sentissero “uno di casa”, un discepolo di Gesù, nostro amico, che ce lo fa conoscere, che porta da lui e ci mostra dove dimora. Questo limite sappiamo che può diventare opportunità. Cosa possiamo fare affinché ciò avvenga?
Il desiderio di incontro è bello e mi fa piacere, esso ci mette in cammino perché essere Chiesa è camminare insieme. E’ condivisione di intenti, ma non sempre di rapporti personali. Fatevi però avanti, forse almeno qualche volta posso rispondere di sì al vostro invito. Tenete presente che quando l’incontro avviene con l’Assistente Ecclesiastico la sua parola è quella del Vescovo, quella della Chiesa.

Eccellenza, che cosa pensa del cammino Scout? Nel nostro Patto Associativo, nell’ambito della Scelta Cristiana, c’è scritto che “siamo uniti nell’amore do Dio e ci sentiamo responsabili, da laici e con il nostro carisma e mandato di educatori, di partecipare alla crescita della Chiesa, popolo di Dio. Operiamo in comunione  con coloro che Dio ha posto come pastori e in spirito di collaborazione..”, proprio per questo, sua Eccellenza, che cosa chiede a noi Scout nel cammino delle nostre Diocesi?
Del cammino scout so poco, solo quello che ho conosciuto dai racconti dei miei nipoti che sono stati scout. Attraverso di loro ne ho apprezzato la serietà che merita attenzione. Chiedo a voi che siate educatori a imitazione di Dio che educa il suo popolo, gli parla e gli indica un cammino, lo educa portandolo a scelte di vita, liberamente, aiutandolo ad apprezzare e cercare “che cosa è meglio”. Educare in una prospettiva cristiana significa innanzitutto imparare a voler bene ai ragazzi, saper dire dei no, essere esigenti. L’amore è essere esigenti con benevolenza, non è accontentare; quindi chiedo che siate e vi sentiate Chiesa e aiutate i ragazzi a sentirsi Chiesa. La Chiesa è nostra e tutti ne facciamo parte; chiedo che siate “membra vive” e che la facciate amare, non perché è perfetta, ma perché, quando si la ama, si vuole renderla migliore. Da educatori fate alzare lo sguardo ai ragazzi, non solo per osservare le stelle, ma per vedere che c’è anche del bello, molto di bello nella Chiesa.

Gruppo Grottammare 2
Su indicazione del nostro Patto Associativo siamo chiamati ad operare in comunione con coloro che Dio ha posto come pastori per l’evangelizzazione e la formazione cristiana delle nuove generazioni. Spesso la difficoltà che incontriamo è lo spirito di solitudine con il quale viviamo questa responsabilità. Crediamo che una più partecipe e propositiva presenza degli assistenti ecclesiastici possa arricchire della presenza di Dio noi è i tanti ragazzi che ci sono affidati. È una questione che a noi sta molto a cuore ma a volte ci sembra non essere avvertita come importante dai nostri assistenti. Come possiamo aiutarci nello spirito di essere chiesa?
“Comunione” e “Solitudine” sono parole spesso usate, ma tenete presente che quando ci si assume una responsabilità si è comunque soli; si è soli di fronte alle scelte fondamentali della vita, non spaventiamoci troppo! Oggi si tende spesso a delegare ad altri le proprie responsabilità, pensiamo a quanti genitori delegano ad altri l’educazione dei propri figli.
Gli Assistenti Ecclesiastici hanno molteplici cose da fare, molti incarichi: andate a bussare, andate a cercarli, fateli sentire partecipi. Il sacerdote, a volte, sperimenta di essere strattonato qua e là dalle varie richieste e, talvolta, ha anche il diritto di essere stanco, tenete presente anche l’umanità del sacerdote.

Gruppo San Benedetto del Tronto 1
Gesù ci ama: il suo messaggio di amore arriva in mille modi diversi  e da mille strade diverse. Il suo amore ci viene manifestato quotidianamente attraverso la bellezza del creato, la gioia della comunità e la felicità di aiutare il prossimo. Purtroppo le distrazioni e le difficoltà della vita quotidiana, l’incompetenza e la nostra disattenzione all’ascolto ci oscurano e  attenuano la sua parola. Come facciamo a trovare il coraggio di rispondere con gioia alla sua chiamata, anche quando non ci sentiamo chiamati?
Rispondo con altre domande. Pregate? Come? Quando?
Pregare non è solo recitare la preghiera, ma mettersi in ascolto di Dio e della sua Parola, ignorando le voci gridate che non ci permettono di ascoltare. Il Vangelo non è solo per i tempi facili. La conoscenza della Parola di Dio è importante, perché se non ho non posso dare e, quindi, è necessario che diate spazio all’ascolto e alla meditazione personale del Vangelo: “Parla Signore che ti ascolto”.
Il Patto Associativo parla di formazione permanente: significa interrogarsi ogni giorno su cosa mi dice la Parola adesso, altrimenti si vive dei ricordi del passato. Non si può vivere solo la nostalgia del tempo del fidanzamento e fuggire il rapporto presente. E’ poi importante nella formazione permanente l’aiuto del prossimo per un cristianesimo che non sia solo un” parlare” e non un “fare”. La Buona Azione dello scout non è banale, ma è acquisire delle buone abitudini. Bisogna stare sempre sul pezzo, battere il chiodo, non arrendersi anche se si fanno delle stecche.
Quando pregare? Giorno per giorno perché l’amore più vero passa per le piccole cose.

Gruppo San Benedetto del Tronto 3
Nel mondo di oggi è sempre il male che fa scalpore, le notizie si espandono a macchia d’olio soprattutto quando si parla della Chiesa. Non si è interessati ai tanti modelli positivi che testimoniano una chiesa umana e servizievole ma si parla sempre di quelle mele marce che purtroppo danneggiano il prossimo. Perché Dio permette che certi eventi accadano proprio all’interno della sua Chiesa?
Il male c’è perché non siamo ancora nella salvezza. Dio lo permette, perché altrimenti creerebbe dei burattini, invece vuole uomini liberi. Gesù ha subito il male, ma ha interrotto la catena del male, fatta di botta e risposta. Il male ci soffoca e oggi si mette molto in evidenza quello che è nella Chiesa, ed è vero che c’è, perché è fatta di uomini, di noi. Ma, a volte, non si guarda in “casa propria” e ci si assolve denunciando il male dell’altro. La lamentazione da sola, tuttavia, non cambia nulla. Occorre invece chiedersi: “posso introdurre qualcosa di meglio?”
Le mele marce danneggiano il prossimo, perché il nostro bene o il nostro male ricadono sugli altri: c’è sempre un’influenza reciproca nel bene e nel male. Il bene è diffusivo di sé come il male. Condanniamo le mele marce, ma guardiamo anche a quel po’ di male che è dentro di noi e cerchiamo di fare un po’ di bene.

Abbiamo l’impressione di conoscere la Chiesa su un piano teorico, di sapere le cose della Chiesa, ma non di viverla. Noi scout, invece, tentiamo di vivere e di apprendere attraverso l’ esperienza.  Perché anche nella Chiesa non si cerca di far vivere questa concretezza?
Anche tra i cristiani purtroppo talora non si conosce la Chiesa se non attraverso le chiacchiere. Le debolezze le abbiamo tutti, ma dobbiamo capire che per conoscere la Chiesa occorre fare quello Gesù dice ai primi discepoli: “venite”, “vedete”, “state con me”, “seguitemi su questa strada”. Essere cristiani è un modo di vivere e non di pensare.

Gruppo Monteprandone 1
Il Papa ha detto che siamo preziosi per la Chiesa. Eccellenza per cosa le siamo preziosi nella nostra diocesi?
Per prima cosa per la vostra presenza, siete preziosi perché ci siete come cristiani. Siete preziosi non perché tra voi, nei vostri rapporti, va sempre tutto bene, ma perché ci siete anche con le vostre difficoltà e ci siete nel vostro impegno educativo.

Gruppo San Benedetto del Tronto 2
Alle domande che ci vengono poste dai ragazzi sui temi quali sessualità, l’ accoglienza, l’omosessualità, noi educatori come possiamo essere sicuri di rispondere adeguatamente e in linea con il magistero della Chiesa?
II ragazzi pongono le domande perché vivono in questo mondo o perché le sentono dentro di sé ed è giusto che sia così, che ve le pongano. Ascoltate questi ragazzi e aiutateli a riflettere, ad andare oltre la superficialità. A volte fanno domande per provocarci, per vedere se crediamo in quello che diciamo. Essi vivono anche delle nostre convinzioni. La sessualità è cosa buona, è dono di Dio se usata bene, se usata male può essere causa di molti mali. E’ vero che oggi è difficile gestirla, è il compito evolutivo dei ragazzi, non bisogna abbandonarli, ma accompagnarli.

Siamo Chiesa anche se su alcune problematiche non la pensiamo esattamente come ci chiede il magistero?
Oggi la sessualità crea molti drammi, perché tocca un ambito della personalità che può molto ferire e nel quali si può essere molto feriti. Si può parlare di sessualità e si possono comprendere anche le difficoltà che qualcuno incontro in questo ambito così importante della vita, ma dobbiamo stare attenti a quello che S. Paolo diceva scrivendo ai Romani “non conformatevi alla mentalità di questo secolo”. Chiediamoci sempre: chi è il maestro della mia vita? È possibile che ci sia difficoltà a comprendere ciò che va dicendo la Chiesa: se non capite non abbiate paura a chiedere ai vostri Assistenti Ecclesiastici.

Acquaviva 1
Vogliamo essere Chiesa e trasmettere ai bambini e ai ragazzi la gioia di esserlo. Mentre questo ci viene abbastanza “naturale” a livello parrocchiale, la sfera diocesana rimane più lontana dalla percezione nostra e dei nostri ragazzi. Abbiamo difficoltà a trovare delle occasioni di partecipazione attiva che si coniughino con le aspettative dei giovani con le aspettative dei giovani e con la dimensione dello scoutismo. Come possiamo superare questo nostro limite? Quali proposte possiamo ricercare in tal senso?
La parrocchia è il modo in cui la Chiesa si incarna nel territorio particolare; ma la parrocchia da sola non è ancora la Chiesa nella sua totalità. In Diocesi le occasioni non mancano, bisogna saperle cogliere, essere attenti agli inviti e alle proposte che vengono fatte.

Ascoli Piceno2
La riflessione si è concentrata sul fatto che oggi la Chiesa sta in qualche modo apparentemente abbassando i contenuti, per inseguire anche delle modalità comunicative “ moderne”. Per usare le parole di Papa Francesco sta diventando una “Onlus qualsiasi”? Da una parte ci piacerebbe una riflessione su questo. Come possiamo evitare questo pericolo?
Quello del linguaggio è un problema che oggi anche la Chiesa sente. È lo sforzo di aiutare a comprendere un contenuto esigente, ma liberante. A volte la proposta cristiana può apparire impegnativa e il linguaggio duro, lo hanno esperimentato anche gli apostoli. Ma stiamo attenti a non abbassare la proposta, rischieremmo di renderla insignificante. Nel Vangelo c’è tanta misericordia, ma Gesù non abbassa mai le esigenze del Regno. Gesù all’adultera disse: “Ti perdono, ma va’ e non peccare più”.

Redazione: