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Verso la legge di bilancio

Se il governo viaggia a gonfie vele nei sondaggi, dalla situazione economica arrivano segnali preoccupanti. Non c’è soltanto un dato generale di minore crescita rispetto alle previsioni, che non riguarda solo l’Italia ma che per il nostro Paese – già su ritmi molto blandi – acquista un peso maggiore anche perché incide notevolmente nella valutazione dei conti pubblici. Oltre a questo dato di scenario, vale la pena sottolineare almeno tre elementi specifici. Intanto, a proposito di crescita, ha fatto scalpore la brusca frenata della produzione industriale registrata a luglio dall’Istat, con un andamento negativo su base annuale che non si verificava dal 2016. Sul versante del lavoro, sempre a luglio sono diminuiti di 44mila unità gli occupati stabili, dopo che anche a giugno si era verificato un primo saldo negativo. Un dato tanto più inquietante se si pensa che nello stesso tempo anche i contratti a termine hanno rallentato la loro corsa. Tra maggio e giugno, inoltre, la Banca d’Italia ha rilevato un forte calo dell’impegno degli investitori stranieri sui Btp italiani. E non va mai dimenticato che un Paese ad alto debito pubblico come il nostro ha bisogno di vendere sistematicamente ingenti quote di titoli di Stato per finanziarsi. A luglio la tendenza sembra in recupero. I leader politici della maggioranza di governo hanno abbassato i toni e ridimensionato gli annunci in tema di finanza pubblica e questo per ora ha contenuto le tensioni sui mercati internazionali. Quanto è avvenuto, tuttavia, dimostra ancora una volta la reattività di quei mercati al dibattito politico interno e ai suoi slogan. A maggio il contraccolpo era stato ancora più forte. La necessità di comportamenti e scelte responsabili è stata richiamata nei giorni scorsi dal presidente della Banca centrale europea. “Le parole negli ultimi mesi sono cambiate molte volte – ha detto Mario Draghi – ora aspettiamo i fatti” anche se “sfortunatamente abbiamo visto che le parole hanno creato qualche danno”.
Il fatto che non solo i mercati finanziari ma soprattutto i cittadini italiani stanno aspettando si chiama legge di bilancio. Su pensioni, reddito di cittadinanza, flat tax – per citare solo i temi più gettonati a livello di opinione pubblica – dovrebbe essere alle porte il momento della verità. Il condizionale è doveroso perché il nodo delle risorse è ancora tutto da sciogliere, ma si sa già che i margini sono stretti. La tendenza che si sta delineando, allora, è quella di cominciare a fare qualcosa subito, rinviando però al prossimo anno la sostanza dei provvedimenti. Se si trattasse di procedere con gradualità all’interno di un progetto organico di lungo periodo, che mettesse a a tema la crescita del Paese e la riduzione delle disuguaglianze, l’approccio sarebbe da salutare positivamente. Ma al momento – e fino a prova contraria – è emersa tutta un’altra situazione. Da un lato, infatti, M5S e Lega appaiono preoccupati soltanto di soddisfare, almeno in parte, le attese delle rispettive basi elettorali. Talvolta sembra che i loro leader parlino di due manovre economiche parallele. Una dinamica che sconta la natura “contrattuale” del governo, che non ha alla sua radice un’alleanza politica vera e propria e non riesce a trovare una sintesi. Dall’altro lato, entrambe le forze della maggioranza si muovono come se l’orizzonte fosse quello delle elezioni europee del maggio 2019. Il rischio, insomma, è quello di una manovra economica elettoralistica che non ascolti i campanelli d’allarme che stanno già suonando.

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