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Libia, scontri a Tripoli: l’esperto, “situazione molto grave ed incerta”

Una Libia sempre più sprofondata nel caos, con la capitale Tripoli sotto attacco da una settimana da parte della settima brigata di Tarhouna, una città a 60 km a sud di Tripoli. Il premier libico Fayez al Sarraj ha dichiarato lo stato d’emergenza e mobilitato, per difendersi, alcune brigate che formano unità speciali dei ministeri dell’Interno e della Difesa. Al momento sono stimati dal ministero della Salute libico 47 morti e 129 feriti. Gli scontri sono in corso soprattutto nell’area di Abu Salim. L’Ue ha chiesto a tutte le parti “di cessare immediatamente le ostilità” e anche la missione Onu in Libia (Unsmil) si è offerta per facilitare una mediazione, annunciando un incontro per domani. “La situazione è molto grave ed è incerta”, afferma Roberto Aliboni, consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai), che da anni osserva la situazione libica.

La settima brigata di Tarhouna ha motivato l’attacco con vaghe accuse di corruzione, ma qual è il vero scopo secondo lei?
Non si capisce cosa vogliono. È certamente

un sintomo di una situazione che si è deteriorata e continua a deteriorarsi,

di una contesa tra quelli che vogliono fare le elezioni (dentro e fuori dalla Libia) e quelli che invece non le vogliono fare. Non si capisce come mai hanno deciso di attaccare le brigate di Tripoli, quindi il governo Serraj. Ci sono sicuramente delle ipotesi ma non so quale sia quella giusta, perché le contraddizioni sono molte.

Secondo me è un attacco a Serraj che più di tutti vuole le elezioni, perché è l’unica strada che può legittimarlo.

In passato il governo italiano dava rassicurazioni sulla stabilizzazione della Libia, invece…

Il governo italiano ha sempre dichiarato di avere il controllo della situazione ma non è così.

È riuscito a trovare la strada per diminuire le partenze dei migranti, non si sa se pagando o attraverso relazioni politiche. Ma è indispettito dal fatto che la Francia ha preso una sua iniziativa, peraltro sballata. La Francia è tra i Paesi che vogliono fare le elezioni perché legittimerebbero quei quattro leader che hanno invitato a Parigi, tra cui il generale Khalifa Haftar, ma certo questa non è una soluzione. Ha ragione il governo italiano quando dice ai francesi che serve un minimo di accordo politico tra le parti e solo poi si possono fare le elezioni. Credo che questo attacco alle brigate di Tripoli politicamente sia un attacco a Serraj e alle elezioni che dovrebbero svolgersi a fine anno, secondo il copione francese.

Oggi è circolata una notizia, poi smentita dal governo, che l’Italia avrebbe inviato truppe speciali in Libia.
Può darsi che abbia inviato qualcuno per proteggere l’Eni ma non credo proprio che il governo italiano si immischi nella battaglia, sarebbe una follia.

L’Eni ha evacuato il proprio personale, il Cir (Consiglio italiani rifugiati) ha chiuso temporaneamente gli uffici, la situazione è quindi molto seria.

La situazione è molto grave ed è incerta.

Stamattina sulle testate libiche si dice che l’attacco ha subito un rallentamento ma continua.

Si dice che 400 detenuti siano riusciti ad evadere dalle carceri e che molti migranti siano fuggiti da un centro di detenzione. Ne ha conferma? I trafficanti di esseri umani ne approfitteranno per nuove partenze?
Ne approfitteranno se possono. Io so che un campo di detenzione di migranti è stato sgomberato alcuni giorni fa perché lì si concentrava l’attacco e li hanno portati altrove. Ma è sempre difficile analizzare questo tipo di informazioni perché dovrebbe esserci una organizzazione governativa che non c’è. Non si sa mai bene quale valore attribuire a queste notizie. Allo stesso modo sui detenuti: in un primo momento si è detto che c’era una brigata che si era accodata a questa di Tarhuna che li aveva liberati, altre notizie dicono invece che si sono liberati da soli.

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