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Vescovo Bresciani: “la nostra Chiesa ha bisogno che ognuno si prenda cura con generosità dei suoi bisogni e delle relazioni che in essa si vivono”

Foto Mascia Moretti

DIOCESI – “La Madonna di Loreto, da noi invocata sotto il titolo di Madonna di san Giovanni, il cui simulacro è custodito nella nostra concattedrale di Ripatransone, è la patrona di tutta la nostra Diocesi. Siamo qui riuniti, come ogni anno, per renderle omaggio e implorare da lei la sua protezione su tutta la nostra diocesi. Essa è raffigurata seduta su una casa, la sua casa, richiamando in tal modo che a Loreto è venerata la casa di Nazareth, dove Maria visse con Gesù e Giuseppe”.

Con queste parole ieri a Ripatransone, il Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani, ha aperto la sua riflessione in occasione della solenne celebrazione in onore della Beata Vergine Lauretana, patrona della diocesi.

Il Vescovo Bresciani ha poi affermato: “Il pensiero va, quindi, naturalmente a quella casa, governata da Maria, in cui la sacra famiglia crebbe ed educò quel figlio Gesù che Dio le aveva affidato perché lo introducesse nel mondo. La casa è il luogo che protegge e custodisce gli affetti più cari, in cui l’intimità delle persone favorisce il giusto riposo. Ma è anche il luogo in cui si apprendono i primi passi nella vita e si articolano le prime parole di affetto nei confronti dei propri cari. Tutti noi ricordiamo con una certa nostalgia la casa della nostra infanzia, non tanto per le sue mura, ma per quanto in essa abbiamo vissuto circondati dall’affetto dei nostri familiari.
Mi piace pensare Maria che si prende cura della sua casetta, la rende per quanto possibile accogliente e ben ordinata, pur nella sua povertà, pronta ad accogliere Giuseppe, accompagnato da Gesù, che tornano dal loro lavoro per condividere serenamente con loro il piatto di cibo preparato con tutta la cura e amore di cui era capace. Forse li aspettava sulla porta di casa o sbirciando dalla finestra, onde essere pronta a una calorosa accoglienza non appena arrivati, stanchi dal lavoro e desiderosi di un momento di ristoro.
La casa vive non tanto per la bellezza o la ricchezza delle mura o dei suoi arredamenti, quanto per la sincerità e la cura degli affetti che in essa si vivono. Quella di Nazareth era una casetta povera come edificio, ma ricca di tutto ciò che fa ricca e soddisfatta una persona. Maria curava certamente con amore l’ambiente fisico della casa, anche questo è importante perché ci si possa vivere bene dentro, ma soprattutto curava le relazioni con Giuseppe e Gesù, preparando generosamente quanto loro necessitavano e insieme con Giuseppe si preoccupava di crescere bene quel Gesù che era loro affidato, educandolo alla conoscenza delle Scritture.
Tutto ciò è di esempio per noi che oggi veneriamo Maria, richiamando la sua casa portata miracolosamente a Loreto e chiediamo a Maria che ci suggerisca qualcosa affinché anche noi abbiamo a costruire e custodire la casa che Dio ci ha affidato: la casa delle nostre famiglie e la casa che tutti ci riunisce nell’unica fede che è la Chiesa.
Ciò che fa la casa accogliente è la cura delle relazioni. Ci si prende cura della casa se si curano le relazioni con chi vive insieme a noi nella casa. Questo non può che essere la preoccupazione di tutti, in caso contrario si rende la casa una specie di albergo da cui si chiedono servizi, ma si ritiene che spetti ad altri prendersene cura. Purtroppo questo è il rischio che si corre sia nelle nostre famiglie sia nella Chiesa. Tutto ciò dilata le pretese di avere una casa o una Chiesa accoglienti, senza preoccuparsi in prima persona di renderle accoglienti con il proprio modo di vivere in esse, offrendo anche i servizi di cui esse hanno bisogno.
Maria certamente si prendeva cura della casetta di Nazareth, ma non da sola. Mi piace pensare Giuseppe che da falegname ripara la porta di casa, le finestre o le sedie che incominciano a traballare; Gesù che, via via che cresce, aiuta Maria nelle faccende più pesanti, magari andando a prendere l’acqua con il secchio alla fontana del paese o arrampicandosi sul tetto per sistemare una tegola che il vento forte ha spostato rendendola pericolosa. Cose per nulla eccezionali, molto simili a quelle di ogni comune famiglia, ma c’è armonia, perché ognuno collabora con prontezza e fiducia a creare un ambiente fisico e relazionale di vera famiglia. Forse Maria era la regista della situazione, o forse lo era Giuseppe, poco importa: importa che ognuno accettasse di prestare la propria opera e il proprio impegno per il bene della casa, cioè di tutti. E certamente Gesù non si sottraeva a tutto questo.
Carissimi, mentre veneriamo Maria, rifacendosi alla sua casa che è custodita a Loreto, impariamo da Maria come costruire e custodire quella casa che ci è affidata e nella quale viviamo. Penso in questo momento a quella casa che è la nostra Chiesa, nella quale anche noi viviamo la comunione con Gesù e tra di noi. Non può che costruirsi con il contributo di ciascuno di noi, ognuno per la propria parte, ognuno impegnato a rendere le relazioni che in essa si vivono sempre più accoglienti gli uni degli altri, pronti a dare ristoro alle fatiche altrui e a prestare prontamente la propria opera là ove fosse necessario.
Come ogni casa ha bisogno di tanti servizi per i quali anche Maria chiedeva la collaborazione di Giuseppe e di Gesù, trovandola prontamente, così anche la nostra Chiesa ha bisogno che ognuno si prenda cura con generosità dei suoi bisogni e delle relazioni che in essa si vivono, dando il proprio contributo, più che di chiacchiere che demoliscono, di benevolenza e di comprensione. Impariamo da Maria a preparare il piatto caldo della benevolenza per coloro che incontriamo e con i quali viviamo la nostra esperienza di fede in questa nostra amata Chiesa. La renderemo più ricca e più accogliente, sempre più la casa di tutti in cui anche Gesù si potrà trovare a casa sua.

O Maria, tu che ti prendesti cura della casa di Nazareth,
nella quale hai accolto ed educato Gesù,
insegnaci a prenderci cura di quella casa
in cui Gesù continua a vivere: la nostra Chiesa.
Insegnaci a costruire e custodire in essa relazioni
di reciproca benevolenza, pronta accoglienza e comprensione;
insegnaci a saper attendere con gioia, con la porta aperta,
ogni uomo nostro fratello in Gesù,
che abbia bisogno di conforto e di ristoro
dopo le fatiche della giornata di lavoro nella vigna del Signore.
Confortaci nelle fatiche generate dalla incomprensione,
dalle eccessive pretese di qualcuno e dalla indifferenza di altri.
Con il tuo materno affetto e la tenerezza che solo tu sai dare,
fa comprendere a tutti che ognuno deve prendersi cura di questa casa,
senza aspettare che altri lo facciano, perché solo così
tu, Giuseppe e Gesù potrete trovarvi a casa vostra
e noi potremo incontravi in un dialogo di vero affetto.
Amen”.

Al termine della celebrazione la vicaria P. Giovanni dello Spirito Santo ha presentato, come è tradizione, l’olio per la lampada.

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