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Diocesi, il Preside dell’ITM Brancozzi ha inaugurato il nuovo anno accademico della Scuola di Formazione Teologica

Gli alunni del secondo anno

DIOCESI – Venerdì 28 ottobre la nostra scuola di formazione teologica ha avuto la grazia di inaugurare l’anno accademico 2017-2018 insieme al vescovo Carlo Bresciani e a don Enrico Brancozzi, Preside dell’Istituto Teologico Marchigiano.
Eravamo un bel numero di studenti nell’aula magna dei Padri Sacramentini insieme con i docenti della scuola e diversi presbiteri della diocesi.
La scelta del tema dell’inaugurazione ci è apparsa subito concreta e stimolante: “La chiesa madre – Risorse e sfide della comunità cristiana del nostro tempo” in linea con la lettera pastorale del nostro vescovo, focalizzata proprio sul popolo di Dio in cammino nella fede tra le insidie, le fatiche e le asperità del momento attuale. La fede è un dono che ci è dato – ha ben introdotto il vescovo -, ma bisogna entrare dentro la fede e abbiamo bisogno di riflessione per capire cosa Dio ha da dire a noi oggi.
Don Brancozzi ci ha offerto davvero un’abbondanza straordinaria di riflessione.
Oggi la chiesa, il popolo di battezzati, si trova ad affrontare tre criticità, diremmo in termini correnti. Sospinti dalla fede, le criticità le definiamo sfide, ognuna delle quali apre l’orizzonte alla possibilità di mettere in campo delle risorse.
La prima sfida è quella di una rinnovata missionarietà. Oggi la missione evangelizzatrice è un’urgenza della chiesa e il pontificato di Papa Francesco è fortemente marcato da questa visione, la visione di una chiesa in uscita e missionaria. Profeticamente, nell’intervento alle Congregazioni Generali che il cardinale Bergoglio tenne prima di essere eletto papa, egli commentava il brano della Apocalisse “Io sto alla porta e busso” (Ap. 3,20) come Gesù che bussava alla porta della chiesa desideroso di uscire fuori per incontrare il Suo popolo. L’urgenza evangelizzatrice scaturisce dalla “rottura della trasmissione generazionale della fede nel popolo cattolico” (EG 70) dovuta a una molteplicità di fattori, tutti concorrenti in varia misura a interrompere la trasmissione della fede.
Non si tratta di problemi inediti, tuttavia, considerato che la chiesa primitiva crebbe in ambiente politeista, ostile e crebbe malgrado avesse talvolta uomini inadeguati.
La seconda sfida è quella della sinodalità. Camminare insieme, essere una comunità in cui tutti mettono a disposizione doni e carismi e si sostengono a vicenda nei diversi ministeri e servizi sta alla base dell’evangelizzazione. La sinodalità, cioè la comunione concreta nel popolo di Dio, costituisce il fondamento ecclesiale della missionarietà. E’ la forza della vita fraterna, nutrita dai sacramenti. Molto più oggi che in altri tempi c’è bisogno della sensibilità e dei doni spirituali e umani di ciascuno per accorgersi delle urgenze e collaborare per cercare di mettervi riparo.
La terza sfida è vivere la fede in un tempo di transizione. Professare la fede diventa una sfida in un tempo in cui è ben incardinato il mito della giovinezza e si è affievolito il senso del valore di essere adulti, cioè di fare delle scelte e di avere un ruolo preciso. Diventa inoltre impegnativo professare la fede e testimoniarla alla nuova generazione di giovani che secondo il sociologo Franco Garelli si differenzia in relazione alla vita cristiana, o più in generale religiosa, in diverse tipologie: gli “alieni” mai iniziati a una vita religiosa (12%); i “secolarizzati” (21%) che ricevuta una formazione religiosa l’hanno poi abbandonata; gli “intermittenti” (45%) che vanno in chiesa solo alle feste comandate o in occasioni speciali, non sono neanche cristiani della domenica; i “naufraghi” (10%) quelli che passati per la secolarizzazione tornano alla fede, ma non sono ancora stabili; e infine, fanalino di coda, i “convinti” (12%), cristiani consapevoli, che fanno parte di un gruppo, di un movimento o dell’oratorio.
Le risorse da mettere in campo dinanzi a queste sfide sono il recupero delle parrocchie e dei movimenti come luoghi di formazione alla fede, il ritorno a un annuncio esplicito del vangelo e la restituzione alla famiglia del suo ruolo di centralità nella trasmissione della fede.
Stiamo diventando consapevoli, forse a poco a poco, che siamo una minoranza che testimonia il Signore risorto. Non per questo però una piccola comunità che opera come lievito della massa perde di efficacia perché è piccola.
Per fede crediamo che Dio opera nella chiesa e nel mondo! Lo abbiamo visto della nostra vita e delle nostre comunità, ce lo raccontano prima ancora i nostri genitori e i nostri nonni, ce lo tramandano gli apostoli, i padri della chiesa e i santi e ce lo ripete lo Spirito Santo nei nostri cuori con una voce sempre nuova!
Dio opera anche attraverso questa scuola di formazione teologica. Ci aiuta ad evangelizzare prima di tutto noi stessi, per essere in grado di servire la chiesa dove essa ci chiama.

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