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Fare rete contro mafia e corruzione

Vittorio V. Alberti

Copio parola per parola una risposta data da Francesco Oliva, vescovo di Locri-Gerace, a Fabio Mandato che lo ha intervistato per il Sir il 3 ottobre. Il riferimento è la giornata di preghiera per la conversione dei mafiosi organizzata dalla diocesi calabrese il 7 ottobre e “pensata per coinvolgere l’intera comunità su problemi molto gravi e di pesante attualità, quali la criminalità organizzata e la custodia della casa comune. La Locride è una terra che storicamente soffre il condizionamento di associazioni criminali, come la ’ndrangheta […]. Non è possibile piegarsi ad essa né assuefarsi alla mentalità mafiosa. Questo è anche un problema culturale che corrompe il modo di pensare e di agire di tanti”.
Perché la casa comune? Perché la preghiera? Perché la mafia e la corruzione? Perché la cultura?
Vorrei dare una lettura in qualche modo filosofica di queste considerazioni e di queste “parole chiave”, e mi vengono in mente due recenti discorsi di papa Francesco: il primo, alla Commissione parlamentare antimafia (21 settembre); il secondo, alla cittadinanza a Cesena (1 ottobre).
Francesco ha parlato di mercificazione umana accostando mafia e corruzione e ha detto che

la corruzione è il tarlo della vocazione politica che non lascia crescere la civiltà.

Così, rispondendo agli interrogativi di poco fa, come intrecciare quanto dice il vescovo di Locri con quanto dice il vescovo di Roma?
Il riferimento alla casa comune fa capire che la corruzione mafiosa e non mafiosa è una piaga che va letta in modo ampio. In breve: pochi sanno che intorno a un crimine, come per esempio la tratta o, appunto, l’inquinamento e la devastazione dell’ambiente o il racket o il traffico di stupefacenti o della prostituzione, c’è sempre un contesto di corruzione.
La preghiera, in questo senso, dà il senso dell’azione di contrasto: conoscere i problemi, individuare il male, ma non fermarsi lì. Guarire, cioè, le ferite, e fare movimento. Come? Con speranza, che significa credere in qualcosa.

La speranza è una categoria cristiana ed è il riflesso di un’idea di tempo tipica del cristianesimo. È il tempo storico che, essendo tale, può definire l’idea di futuro. Se non c’è speranza, insomma, non si può pensare il futuro e quindi non si trovano le forze per muoversi perché non si crede in un cambiamento.

E se non si crede nel cambiamento si resta statici, e se si resta statici (chiusi nella propria mentalità o nella propria ottusità) non si allarga il punto di vista. E se avviene questo, cosa succede? Ci si corrompe come una stanza senza finestre la cui aria presto si deteriora, si corrompe appunto. Cammino di morte (la corruzione) che nutre la cultura di morte (la mafia).
Ed ecco la cultura, che non è questione di libri e basta, ma questione di libertà. Ecco perché Francesco ha detto che la corruzione blocca la civiltà. E la politica? È la ricerca del possibile rapporto fra gli uomini i quali hanno pari dignità, e la mercificazione – che è un effetto della “cultura” oggi dominante – nega la dignità.
Dobbiamo fare rete, conoscere prima tali iniziative, come questa di Locri, e poi ridiscuterle e tenerle vive aiutandone la conoscenza, la diffusione, la partecipazione, la comprensione, il messaggio educativo e quindi poi politico. Ne va del nostro bene più prezioso: la libertà.

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