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Monache Clarisse: “La fede cristiana non è una religione della visione ma dell’ascolto”

DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 6 agosto.

«Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza». Sono le parole di San Pietro che troviamo nella seconda lettura della liturgia di questa domenica, festa della Trasfigurazione del Signore.
Parole importanti per noi, oggi! Potremmo pensare a delle favole ascoltando quanto ci viene detto dal profeta Daniele, nella prima lettura, una lettura che ci descrive visioni con troni, vegliardi, vesti candide, capelli come lana, vampe di fuoco, fiamme di fuoco, migliaia di miriadi di creature…potremmo pensare a delle fantasticherie ascoltando l’evangelista Matteo che ci narra l’episodio della Trasfigurazione di Gesù: «…il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia che conversavano con lui».
Non si tratta di favole, di storie, di miti, di curiosità ma della grazia di vedere e contemplare la bellezza di quel Signore che desideriamo amare con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze.
«Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte». Gesù si lascia accompagnare da chi non è perfetto, dall’uomo, da ciascuno di noi. Il nostro peccato, il nostro limite, non frenano la partecipazione alla sua amicizia. Egli vuole portarci fuori dalla visione angusta e piccola con cui siamo abituati a vedere le cose per mostrarsi in tutto ciò che è. Che cosa mostra? Una grande luce, la pienezza di Dio che gli straripa fuori, una bellezza che lo inonda totalmente. Sul monte i tre discepoli sono chiamati a guardare Gesù dal punto di vista divino, a guardarlo, cioè, attraverso lo sguardo del Padre, di quel Padre che vede nel segreto, che va oltre le apparenze, che dichiara il suo infinito amore per il Figlio, invocando l’ascolto della sua Parola.
Ed è una bellezza tale da contagiare il nostro sguardo. Pietro vorrebbe fermare questo istante, trattenerne la bellezza superiore: «Signore, è bello per noi essere qui». Ma non può impadronirsi del dono ricevuto: esso è in vista di un cammino e di un servizio che, a partire da questo momento, dovranno essere più consapevoli.
Quale allora la consegna? L’invito all’ascolto.
La fede cristiana non è una religione della visione ma dell’ascolto: si sale sul monte per vedere e per essere rimandati, poi, all’ascolto. E’ l’invito a prendere sul serio il dono della salvezza e vivere con consapevolezza la nostra sequela.
Quel corpo che si trasfigura davanti agli occhi attoniti dei discepoli, è il corpo di Cristo, nostro fratello, ma è anche il nostro corpo, chiamato alla gloria; quella luce che lo inonda è e sarà anche la nostra parte di eredità e di splendore. Ora, però, ci aspetta la storia, la nostra storia in compagnia di Gesù: si scende a valle, certi del dono della sua Parola che non ci lascia, che fa esistere, guarisce, cambia il cuore, fa fiorire la vita, dona bellezza, è luce nella notte.

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