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Siccità: alcune Regioni chiedono lo stato di calamità

Di Alessandro Pertici

La situazione idrologica e idrica venutasi a creare sul territorio nazionale, a fronte delle anomalie idrologiche e termiche che si sono registrate a partire dalla fine del 2016, mostra come la ripartizione di competenze tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali disegnata dal titolo V della Costituzione e specificata dalla parte terza del codice ambientale accresca tra i diversi soggetti istituzionali fenomeni quasi di competizione e contrasto a cui la Corte costituzionale, sempre più oberata di ricorsi, difficilmente può porre freno. Deboli appaiono le forme di cooperazione e coordinamento amministrativo tra il Governo centrale e quelli locali e in generale i raccordi di tipo organizzativo stentano a mutare la frammentazione in aggregazione.In questo quadro, un ruolo di rilievo è ricoperto dal ministero dell’Ambiente che, con le Autorità di bacino distrettuali, è in prima linea per affrontare e gestire nel migliore dei modi la situazione idrologica e idrica venutasi a creare sul territorio nazionale, in particolare nei distretti idrografici padano e delle Alpi orientali, nonché in alcune porzioni territoriali di altri distretti nazionali, come sul lago di Bracciano nel Lazio.

Trovare misure idonee. Gli Osservatori distrettuali permanenti sugli utilizzi idrici, istituiti nel luglio 2016, su iniziativa del ministero proprio per garantire la gestione ottimale dell’acqua, si stanno riunendo con cadenza ormai settimanale, analizzando la situazione sui territori di competenza e provvedendo a

indicare le misure più idonee per fronteggiare le situazioni più critiche.

L’Osservatorio del distretto delle Alpi Orientali ha promosso uno specifico accordo tra le tre Amministrazioni regionali e provinciali interessate (Province di Bolzano e di Trento, Regione Veneto), assicurando da parte dei gestori idroelettrici (coordinati dalle due provincie di Trento e Bolzano) il mantenimento dei livelli di deflusso necessari per l’uso idropotabile dei comuni del Polesine.

Situazioni preoccupanti. Desta una forte preoccupazione la situazione delle province di Parma e Piacenza, tant’è che il Governo di recente ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza. Con questi tipi di atti, il Consiglio dei ministri dà seguito ai contenuti dei decreti approvati dalle singole Giunte regionali che chiedono, fra l’altro, in questi specifici casi, la possibilità di derogare agli attuali limiti di prelievo di acqua.Anche altre Regioni hanno chiesto lo stato di calamità naturale: si tratta delle delibere della Regione Sardegna, della Regione Toscana, dell’Emilia Romagna e del Friuli Venezia Giulia.Prendendo a esempio la Sardegna, con delibera della Giunta regionale del 20 giugno scorso è stato riconosciuto che il decreto legislativo n. 70 del 6 febbraio 2004, recante “Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna concernenti conferimento di funzioni amministrative alla Regione in materia di agricoltura”, tra l’altro, ha disposto l’abrogazione dell’articolo 53 del decreto del presidente della Repubblica n. 348 del 19 giugno 1979. Conseguentemente, le funzioni amministrative concernenti la dichiarazione di eccezionale calamità o di eccezionale avversità atmosferica riservata allo Stato sono, di fatto, trasferite alla Regione. Ma per tutto il resto la delibera di Giunta dà il mandato al presidente e all’assessore dell’Agricoltura e Riforma agro-pastorale affinché richiedano al Governo nazionale e al Consiglio regionale della Sardegna di individuare e approvare misure emergenziali che consentano di limitare gli effetti dell’evento sull’intero comparto agricolo.

Iniziative degli enti territoriali-locali. Nel frattempo, favorito dai lavori degli Osservatori, è stato recentemente concordato tra la Regione Liguria e la Regione Emilia Romagna una modalità di rilascio di 4 milioni di mc di acqua dalla diga del Brugneto a favore del fiume Trebbia, per venire incontro così alle criticità di approvvigionamento irriguo presenti su quest’ultimo corso d’acqua.Nell’Italia centrale, la situazione più delicata è certamente quella che coinvolge la città di Roma e i comuni limitrofi, collegata, in particolare, con la condizione del lago di Bracciano, il cui livello, a fine maggio, era di + 5 cm sullo zero idrometrico.Anche qui, su richiesta urgente del Ministero, si è tenuta il 7 giugno scorso, convocata dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, una riunione dell’Osservatorio permanente sull’uso delle risorse idriche del Distretto, con l’obiettivo di analizzare le criticità nell’approvvigionamento idrico. L’analisi del quadro generale delle disponibilità e degli interventi strutturali attivati e attivabili ha condotto all’identificazione e condivisione di alcune misure per il contrasto alla crisi idrica.

I soggetti locali che invece appaiono maggiormente operativi sembrano essere i Comuni.

A causa del perdurare di condizioni climatiche di siccità, che producono un incremento dei consumi di acqua potabile a fronte di una diminuzione delle risorse idriche disponibili, il sindaco di Roma ha firmato recentemente un’ordinanza per regolamentare l’uso dell’acqua potabile, proveniente dalla rete idrica comunale gestita da Acea Ato 2. Il provvedimento, in linea con quello già adottato da altre amministrazioni comunali del territorio laziale, fa riferimento all’uso dell’acqua per scopi diversi da quelli domestici.

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