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Frontex: nessuna accusa alle Ong. “Il vero nemico sono i trafficanti. E servirebbero più mezzi”

VARSAVIA – “La situazione nel Mediterraneo rimane molto difficile. Dall’inizio del 2017 sono arrivate 36mila persone in Italia, provenienti dalla Libia. Questo costituisce un aumento del 42% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso”.

Lo spiega al Sir Izabella Cooper, portavoce di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. L’emergenza migrazione resta quindi altissima e non si intravvede una “soluzione semplice”. Di fronte a una sfida epocale occorrerebbero volontà politica su scala europea, collaborazione, maggiori mezzi. “Concentrarsi solo sul controllo delle frontiere non risolve” il problema migratorio, perché quella – rimarca Cooper – “è la tessera di un puzzle più grande” che vede coinvolti fattori quali “la stabilizzazione politica e lo sviluppo economico dei Paesi di origine, lo smantellamento delle reti di trafficanti dei Paesi di transito e l’apertura di canali legali che permettano ai rifugiati di arrivare in Europa in maniera sicura e legale, senza doversi mettere nelle mani dei trafficanti”. Secondo stime Europol, nel 2015, l’anno degli 886mila arrivi in Grecia e 170mila in Italia, i trafficanti hanno tratto un profitto tra i 4 e i 6 miliardi di euro. Da qui l’allarme che proviene da Varsavia, dove ha sede l’agenzia europea.

Mezzi, agenti e hotspot. Il mandato di Frontex, assegnato dal Consiglio europeo, è quello di “lottare contro il crimine transfrontaliero (tratta delle persone, contrabbando, traffico di droga, terrorismo e foreign fighters). Lo facciamo raccogliendo i dati sulle attività dei trafficanti”, operando sotto il comando dei ministeri degli Interni dei Paesi Ue, passando poi “le nostre informazioni alla Polizia di Stato”, con rapporti quotidiani di intelligence, quindi riservati.

Per fare questo, Frontex coordina l’operazione Tritone e ha a disposizione 11 navi, 2 elicotteri, 3 aerei e 350 guardie costiere e di frontiera.

Tritone copre i flussi da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia fino all’Albania. Gli agenti Frontex assistono poi le autorità italiane negli hotspot per la registrazione e l’identificazione delle persone, con agenti specializzati nell’identificazione delle vittime della tratta: una piaga del Mediterraneo è la tratta di donne nigeriane a scopo di sfruttamento nel mercato della prostituzione.

Obbligo per tutti. Come parte della dimensione della sorveglianza (nel mare e negli hotspot), spiega Cooper, “aiutiamo le autorità italiane nel pattugliamento delle frontiere e nella ricerca e soccorso. I mezzi di Frontex nel 2016 hanno salvato oltre 90mila persone tra Italia e Grecia”. Questo perché“salvare le vite umane è obbligo internazionale ed è compito esplicito della nostra agenzia”.

Un dovere che “vale però per chiunque si trovi in mare: che sia una nave privata, un traghetto, una nave commerciale, militare, peschereccio, tutti devono salvare le vite in difficoltà”. Le operazioni di salvataggio sono coordinate in Italia dalla Guardia costiera, “che decide quale mezzo dirottare là dove c’è un’imbarcazione in difficoltà. Quindi se siamo noi, nella fase del soccorso passiamo dal comando del ministero a quello della Guardia costiera”.

 

Un trend diverso. Le Ong, perciò, non collaborano immediatamente con Frontex, che però ritiene indispensabile, osserva la portavoce, che “tutti coloro che sono coinvolti nel salvataggio interrompano le reti dei trafficanti, fornendo qualsiasi informazione possa essere d’interesse per la Polizia di Stato sulle attività dei trafficanti libici, perché il quadro sia sempre più completo”. Cooper insiste:“Noi non abbiamo mai accusato le Ong di collusione e questo vorrei fosse chiaro. Abbiamo solo notato un trend nuovo sulle attività dei trafficanti rispetto a un paio di anni fa”.

La zona di soccorso “ormai è diventata il confine con le acque territoriali libiche perché le imbarcazioni hanno carburante sufficiente solo per arrivare fin lì; la qualità dei gommoni è peggiorata, e su ognuno, mentre nel 2014 erano in media 90 persone, da alcuni mesi ce ne sono anche 160-170”. E sono gommoni di dieci metri, su cui potrebbero stare 10-15 persone. “I trafficanti – prosegue Cooper – traggono vantaggio dall’obbligo imposto a chi è in mare di salvare le vite umane in pericolo; l’entità contro cui puntare il dito sono perciò i trafficanti libici, questa è la priorità assoluta. Va intrapresa un’azione in questo ambito e possono farlo tutti coloro che si trovano in mare”. Per salvare le vite umane, aggiunge la portavoce di Frontex, “non c’è certamente la quantità di navi necessaria per rendere sicuro il Mediterraneo con i suoi 2 milioni e mezzo di chilometri quadrati”.

Collaborazione necessaria. I dati delle Ong dicono che nel 2017 il 28% dei salvataggi avvenuti nel Mediterraneo sia stato opera loro. C’è collaborazione tra voi e le Ong? “Noi – risponde la portavoce – incontriamo tutti coloro che operano nel Mediterraneo. Il dialogo è importante. Abbiamo avuto con loro un incontro un paio di settimane fa, siamo aperti e in diversi hotspot lavoriamo con loro”.

Cooper infine ribadisce: “Salvare le vite umane è essenziale e su questo non si discute. È però importante che l’attenzione sia posta sui trafficanti”.

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Sara De Simplicio: