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“Beata ignoranza”, le relazioni umane ai tempi del web

 

Senza sfociare nella critica dei comportamenti alienanti che ormai vediamo ogni giorno su pc e cellulari, in “Beata ignoranza” il regista Massimiliano Bruno mette in scena un ossimoro perenne dal quale si estrapolano ironia, divertimento e qualche lezione di vita.

 Oggi si può vivere senza tecnologia o si dipende totalmente da essa?

Strumenti digitali che in troppi casi arrivano persino a sostituire l’esperienza reale, i social network hanno cambiato le nostre vite. Da una parte essere sempre connessi permette di aggiornarsi e informarsi costantemente, dall’altra fomentano sentimenti, diffondono pregiudizi utilizzando frasi spesso sgrammaticate. Scorrendo l’home page di Facebook per diversi minuti al giorno, sottraiamo tempo ad altre attività e soprattutto ai rapporti reali.

Siamo sempre più distaccati per colpa del mondo virtuale, che sembra indispensabile ma lascia tutto ad un livello di superficialità. Dietro uno schermo puoi farti passare anche per chi non sei, costruirti un altro te, ma la realtà è un’altra.

Con simpatia, ironia e con un cast d’eccellenza, il regista ci invita a riflettere su quanto i social condizionino le nostre vite e ci apra gli occhi sugli svantaggi, ma anche sui vantaggi, delle nuove forme di comunicazione. Il tema di sapore sociologico pone questa volta al centro dell’attenzione non i ragazzi ma due professori, e a porli su barricate contrapposte è proprio la tecnologia: Filippo (Alessandro Gassmann) è dipendente dalla rete, ama fare selfie (anche con gli alunni) e ha addirittura creato un’app attraverso cui far studiare matematica ai suoi studenti. Ernesto (Marco Giallini) è un professore di italiano demodé, dotato di indiscutibili capacità declamatorie e, patologicamente refrattario all’era digitale, accende la tv – quella con il tubo catodico – solo una volta l’anno per ascoltare il discorso del Presidente della Repubblica.

I due amici/nemici si sottopongono ad uno scambio di ruoli: al supertecnologico è inflitta l’astinenza da connessione, all’amante di Foscolo è imposto di entrare in rete.

“Beata ignoranza” è una commedia che sfrutta l’onda di denuncia di quanto la società stia diventando malata, ingarbugliata di messaggi, profili social e selfie a oltranza, fa il punto sul rapporto con le persone attraverso schermi e tastiere per arrivare a una vera educazione delle emozioni.

Perché la comunicazione”, dice la morale del film, “non è vera comunicazione senza le emozioni”.

Patrizia Cicconi: