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“Il diritto di contare” e “Loving”: la questione razziale agli Oscar

Di Sergio Perugini

La notte degli Oscar 2017, il prossimo 26 febbraio, sarà probabilmente lo spazio in cui l’industria hollywoodiana manifesterà la sua apprensione nei confronti del cambio di inquilino alla Casa Bianca, in particolare per le recenti politiche sull’immigrazione e integrazione. Altro grande tema protagonista, però, della cerimonia degli 89. Academy Awards sarà la questione razziale, una ferita mai del tutto risanata in un Paese dove convivono culture ed etnie differenti.

Oscar politicamente corretti. Era il gennaio 2016 quando il regista Spike Lee protestava pubblicamente nei confronti dei meccanismi di selezione dell’Academy, per i premi cinematografici più influenti al mondo: “Come è possibile che per il secondo anno consecutivo tutti gli attori candidati siano bianchi? 40 attori bianchi in due anni, nessuno di colore o diverse etnie? Non siamo capaci di recitare?”. A distanza di un anno la situazione appare completamente mutata. Troviamo, infatti, numerosi titoli in corsa per gli Oscar – in categorie pesanti come miglior film, regia, attore e attrice – che affrontano racconti di vita privata o battaglie per il riconoscimento dei diritti fondamentali sull’esempio di Martin Luther King: “Il diritto di contare” (“Hidden Figures”) di Theodore Melfi, “Loving” di Jeff Nichols, “Barriere” (“Fences”) di e con Denzel Washington e “Moonlight” di Barry Jenkins. Numerosi, ancora, gli attori di colore in lizza per la miglior interpretazione: Denzel Washington (“Barriere”), Mahershala Ali (“Moonlight”), Viola Davis (“Barriere”), Naomie Harris (“Moonlight”), Octavia Spencer (“Il diritto di contare”) e Ruth Negga (“Loving”). Sembra dunque che l’industria culturale statunitense abbia sentito il bisogno di dare un segnale di cambiamento, soprattutto nei riconoscimenti dell’Academy.

È sempre un bene, un guadagno, quando il cinema è pronto a raccontare la realtà, le sue pieghe problematiche, ad analizzare gli strappi irrisolti del passato e a dare voce alle periferie della società, per sensibilizzare il pubblico di oggi e di domani ai temi dell’inclusione sociale, del rispetto e della memoria. Ma era indispensabile, da parte dell’industria Hollywoodiana, questo ampio riconoscimento verso storie e protagonisti di colore?

Tutto ciò non rischia di passare come una scelta condizionata per tenere lontane le polemiche? Anche al cinema, allora, dobbiamo entrare nella logica delle cosiddette “quote” (rosa, razziali, ecc.)? Lo sguardo del cinema dovrebbe essere libero e onesto, senza cedere a tesi narrative ingessate o a etichette imposte dalla società. Con questo, nulla da obiettare ai titoli in corsa per i premi, opere certamente valide sotto il profilo narrativo e stilistico, che rischiano però di essere ricordate non per il loro valore ma per il clamore degli Oscar.

Due storie vere da non mancare: “Il diritto di contare” e “Loving”. Tra i titoli sopraindicati, sono da menzionare in particolare due storie vere di riscatto. “Il diritto di contare” (“Hidden Figures”) di Theodore Melfi, tratto dall’omonimo libro di Margot Lee Shetterly (HarperCollins 2017), presentata la storia poco nota di tre scienziate afroamericane – Katherine (Taraji P. Henson), Dorothy (Octavia Spencer) e Mary (Janelle Monáe) – coinvolte all’inizio degli anni Sessanta nella corsa allo Spazio della NASA, per la spedizione dell’astronauta John Glenn (Glen Powell). Giocato tra commedia e dramma, il film racconta il percorso edificante di emancipazione di tre donne di colore in un’America ancora incerta sul fronte dei diritti e della parità di accesso all’istruzione, al lavoro. Con i toni del dramma familiare, del mélo, è invece “Loving” di Jeff Nichols, la storia di due giovani innamorati, Richard (Joel Edgerton) e Mildred (Ruth Negga), che alla fine degli anni Cinquanta in Virginia decidono di sposarsi andando contro la legge dell’epoca; Mildred è di colore e non sono consentiti matrimoni misti secondo il Racial Integrity Act del 1924. I due devono affrontare pertanto intimidazioni, pressioni psicologiche, persino la detenzione nonché un lungo iter giudiziario per vedere riconosciuto il loro diritto d’amare, il loro diritto al matrimonio. Passato in Concorso al Festival di Cannes nel 2016, il film è diretto con efficacia e misura dal regista Jeff Nichols (“Take Shelter”, “Mud”), interpretato con intensità dai bravi Joel Edgerton e Ruth Negga. Una piccola grande vittoria che ha contribuito a cambiare la società, la storia degli Stati Uniti.

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