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Migranti “Sono persone che non possiamo lasciare sole”

Il segno di una Chiesa italiana che vuole essere vicina a chi si mette in viaggio in cerca di una vita migliore, individuare azioni concrete di vicinanza e farlo mettendosi in ascolto dei migranti stessi e delle Chiese locali coinvolte lungo il cammino di migrazione. Con questo spirito si è svolto oggi alla Cei un incontro con monsignor Vincent Louis Marie Landel, arcivescovo di Rabat, in Marocco, al quale hanno partecipato don Leonardo Di Mauro, direttore del Servizio per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo, don Natale Ioculano, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale del mare. Per la Caritas italiana erano presenti il direttore, don Francesco Soddu, e il vicedirettore, Paolo Beccegato, mentre per Migrantes il direttore generale, mons. Gian Carlo Perego.
“Si è trattato di un passo preliminare di un primissimo scambio di idee – spiega Beccegato – per costruire insieme un’iniziativa forte e significativa della Cei sul tema dei migranti. L’intenzione è dare seguito alla campagna della Cei sul diritto di rimanere nella propria terra, lanciata in occasione del Giubileo della misericordia”. La campagna giubilare dunque continua e l’attenzione si focalizza sempre più sui Paesi di origine da dove i migranti partono (Mali e Nigeria) e sui paesi di transito (Marocco), il tutto grazie ai fondi dell’8×1000. Ai rappresentanti della Chiesa italiana, oggi il vescovo di Rabat ha presentato un dettagliato quadro della situazione dei migranti che giungono in Marocco, parlando in particolare dei minori non accompagnati: raggiungono il Paese percorrendo un cammino a piedi anche di 8/9 mesi con il miraggio di arrivare in Europa. “Più che dei viaggi – commenta Beccegato – sono pezzi di vita e molti sono quelli che non ce la fanno. Chi riesce ad arrivare, ha quindi alle spalle anche il trauma di aver perso amici e compagni”. Lungo il percorso diversi sono i pericoli a cui purtroppo soprattutto i minori si sottopongono: dalle “malattie della strada” per la vita di stenti che conducono alle violenze fisiche e sessuali. Sono – ha detto il vescovo Landel – ragazzi privati della loro adolescenza.
“Questo sforzo che stiamo facendo vuole essere l’espressione di una Chiesa che non sta a guardare – dice don Di Mauro -, che non sta al balcone, come dice spesso il Papa, ma che vuole essere presente, accompagnare nelle difficoltà e se possibile fare qualcosa d’incisivo che sia anche un segno per tutti e che sia un concreto stare accanto a chi è in difficoltà. Queste persone che si mettono in viaggio per cercare una vita migliore, scappando da situazioni diverse, non possono essere lasciate sole”.

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