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Politica: p. Occhetta (La Civiltà Cattolica), le “urgenze” non annullino “il bisogno di riforme del Paese”

“In questo tempo di crisi istituzionale auspichiamo che tutte le forze politiche facciano ognuna un passo indietro e insieme due in avanti, nell’interesse del Paese. La crisi istituzionale può essere risolta solo con l’assunzione di un alto senso di responsabilità”. A lanciare l’appello è padre Francesco Occhetta, scrittore de “La Civiltà Cattolica”, in un’analisi sull’ultimo numero della rivista dei gesuiti. “Se l’auto che si stava guidando è finita nel fosso – il monito di Occhetta -, responsabile del tirarla fuori e guidarla fino all’officina delle nuove elezioni è la principale forza di Governo. Il resto delle forze politiche è invece chiamato a garantire stabilità al Paese almeno fino all’evento del G7, in programma a Taormina nel prossimo maggio”. Il richiamo alla responsabilità e al bene comune, ricorda, è giunto puntuale anche dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin: “L’Italia in ogni caso ha le risorse umane e spirituali per affrontare questa nuova fase e trovare delle soluzioni. Tutti dobbiamo avere un grande senso di responsabilità, e devono averla le forze politiche e cercare l’unità”. Occhetta si sofferma inoltre sul ruolo giocato dai social media nella costruzione del consenso e parla di “lotta di tutti contro tutti” e di “strumentalizzazione di un linguaggio libero e senza mediazioni, spesso violento”, che ha impedito l’ascolto. E avverte: “Se Facebook è stato per un certo numero di elettori l’unica fonte di informazione per decidere, allora la costruzione del consenso politico futuro dipenderà molto anche dal modo in cui una matura cultura politica abiterà la rete”.

Il voto referendario dello scorso 4 dicembre “ha spostato il baricentro politico sulla questione sociale, con le sue urgenze: la gestione dell’immigrazione, la lotta al terrorismo internazionale, la scuola, la coesione sociale, le politiche del lavoro”. È però auspicabile “che le urgenze non annullino il bisogno di riforme che il Paese attende da circa 30 anni”.

Occhetta si sofferma sul “no” uscito dalle urne e osserva che “lo spirito della riforma” potrà comunque “essere realizzato a poco a poco, all’interno di un Parlamento che abbia ritrovato una coscienza costituzionale e maggioranze qualificate, senza la conflittualità e le lacerazioni del dibattito appena concluso. Attraverso questa via, forse meno organica ma certamente più pratica, il Parlamento potrà seguire la via già percorsa per il ritocco dei 41 articoli della Costituzione approvati dal 1963 ad oggi”. Analizzando le ragioni del voto, il gesuita sottolinea che “nonostante gli auspici, sono andate oltre il merito e i contenuti della riforma costituzionale, approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016”. Nei fatti, l’appuntamento elettorale si è trasformato in un “referendum politico” sulla persona del presidente del Consiglio e sull’operato del suo governo, “che includeva le riforme, ma non si limitava ad esse”. La “anima riflessiva” dell’elettorato non è stata neppure intercettata dalle “categorie di rappresentanza sociale” e il “no contro qualcuno” ha prevalso nelle aree e nelle fasce più deboli del Paese e tra i giovani (l’81% fra i 18-34 anni).

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