Nonostante la sconfitta al referendum dello scorso febbraio, nel quale i cittadini si sono espressi, sia pure con un margine ristrettissimo, contro il cambiamento della Costituzione e di conseguenza contro un suo ulteriore mandato, il presidente della Bolivia Evo Morales medita di ricandidarsi ugualmente nel 2019. Una prospettiva, quella emersa in questi giorni, che non trova d’accordo la Chiesa boliviana.
“Il 21 febbraio di quest’anno il popolo boliviano ha parlato e, di conseguenza, si dovrebbe rispettare il giudizio del popolo”, ha detto ieri nel corso della conferenza stampa convocata per gli auguri di Natale il segretario generale della Conferenza episcopale boliviana (Ceb), mons. Aurelio Pesoa, vescovo ausiliare di La Paz. “Vogliamo sottolineare che la nostra opinione – ha proseguito – come Chiesa e come Conferenza episcopale, non è legata a scelte di partito, non è questione di sinistra, destra o centro”.
Ma si tratta, per l’appunto, di rispettare la scelta degli elettori: “Il popolo ha parlato, e se il popolo non è stato informato a sufficienza (questa una delle motivazioni portate da Morales, ndr), questo non è avvenuto per responsabilità del popolo, ma degli attori politici”. Secondo mons. Pesoa, una nuova candidatura del presidente Morales provocherebbe “non unione, ma una frattura. Già c’è divisione, già c’è frattura nel nostro Paese, ma questa scelta probabilmente provocherebbe un allargamento di tale frattura”. Durante la conferenza stampa il segretario generale della Ceb si è augurato che il Natale sia vissuto in famiglia e sia l’occasione per riscoprire la centralità, appunto, della famiglia e della sua unità nella società.