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Il welfare delle organizzazioni criminali, uno studio fa luce sui “benefit” degli affiliati di camorra

Di Paola Scarsi

Le organizzazioni criminali come erogatrici di sicurezza sociale è il tema che Alessandro Colletti affronta nel suo libro “Il welfare e il suo doppio. Percorsi etnografici nelle camorre del Casertano” (editrice “Ledizioni”).
Il volume è un’elaborazione della sua tesi di Dottorato in servizio sociale nella quale ha affrontato il soggetto “organizzazione mafiosa o camorristica” secondo un punto di vista originale e inedito: non la mafia che uccide e minaccia ma quella che (anche) offre benefit di vario tipo agli affiliati ed alle loro famiglie.“La domanda iniziale che mi sono fatto – spiega l’autore – è se potesse esistere un sistema assimilabile a quello di welfare nelle organizzazioni criminali che prevedono anche sistemi di coesione sociale e quale eventuale relazione questo sistema avrebbe potuto avere con il sistema pubblico”.“I dati statistici affermano che la spesa sociale in Provincia di Caserta è di 33 euro a persona/anno mentre a Trento è di 280 euro – chiarisce Colletti – e che nei suoi 104 Comuni operano solamente 28 assistenti sociali. Sono queste alcune cause dello scarso livello di fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini, che si sentono abbandonati e non si fidano di nulla”. In questo contesto “ogni prestazione viene loro presentata non come un diritto ma come un favore personale, con il risultato di attivare un circolo non virtuoso. Infatti le organizzazioni camorristiche per mantenere il loro principale obiettivo cioè la coesione, affiancano ai sistemi violenti la fornitura di agevolazioni, garanzie e protezioni che nessun altro – in primis lo Stato o gli Enti locali può garantire”. Per l’autore si tratta di

“una vera ottica del bastone e della carota,

laddove quest’ultima è rappresentata dal salario minimo (circa 2000 euro mensili) per gli affiliati e la sua maggiorazione se detenuti, la fornitura di forme di previdenza e assistenza solidaristica come lo spostamento da un carcere all’altro e il pagamento delle spese legali, l’assistenza sanitaria per i famigliari, il salario per le mogli dei detenuti o degli affiliati defunti, sino all’assunzione di parenti di mafiosi da parte di imprenditori vittime di estorsioni”. Una situazione che sta cambiando perché, prosegue Colletti “in questo momento in quell’area assistiamo ad una storica assenza del welfare ‘statale’ e ad un costante arretramento di quello proveniente dalle organizzazioni mafiose, in virtù dei numerosi arresti che le stanno lentamente sgominando. Ciò produce il paradosso di popolazioni sempre più abbandonate a se stesse con il rischio assolutamente concreto e niente affatto ipotetico di generare nuove forme di criminalità incentrate sulle relazioni tra politica ed impresa, organizzazioni elitarie che gestiranno l’economia pubblica in regime di collusione”.
Tutto sembrerebbe perduto ma i risultati di questo studio mostrano invece che è proprio nei territori più condizionati dalla presenza mafiosa che nascono nuove forme di lotta sociale.È qui, infatti – dove le infiltrazioni criminali interessano gli appalti dei servizi di welfare – che sono nate le più innovative azioni sociali in difesa delle categorie più deboli.
Nel Casertano è stato realizzato, con il sostegno di tre dirigenti trentini che sono giunti proprio per promuovere insieme alle istituzioni locali la riforma Basaglia, il programma budget di salute: si tratta di una nuova forma di integrazione della disabilità mentale nei territori che vede le persone con disagio mentale non più chiuse nelle Rsa, ma ospitate in case confiscate, messe in condizioni di gestire un budget e seguite da cooperative sociali. Con la sua tesi di dottorato Alessandro Colletti, che insegna enogastronomia indirizzo cucina in un Istituto Alberghiero (scuola – ci tiene orgogliosamente a sottolineare – pubblica), ha vinto il premio “Amato Lamberti”. Colletti ha scelto di devolvere i proventi del libro “Il welfare e il suo doppio” al Comitato don Peppe Diana di Casal Di Principe.

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