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A Santiago del Cile il primo luogo di culto buono per tutte le religioni (o per nessuna)

Di Rino Farda

Si erge alla periferia di Santiago del Cile, è stato costruito con soluzioni architettoniche sperimentali, è stato attrezzato con sistemi antisismici modernissimi, e dovrebbe resistere all’usura del tempo almeno per i prossimi 400 anni. Si tratta di un progetto ambizioso anche e soprattutto alla luce dell’obiettivo religioso: essere un luogo aperto a tutti le fedi monoteiste. E’ un tempio che è stato costruito per il movimento bahá’í, una religione abramitica nata in Iran durante la metà del XIX secolo.

Nelle intenzioni degli architetti, il nuovo tempio dovrebbe risultare accogliente e adeguato a tutte le religioni.

Gli ingressi sono situati sull’intero perimetro circolare della struttura. Un tempio bahá’í infatti deve rispondere solo ad alcuni criteri: essere “una struttura a cupola con nove lati e con nove ingressi per accogliere simbolicamente da tutte le direzioni della terra le persone che vogliano pregare o meditare”. L’architetto Siamak Hariri che ha disegnato e realizzato il nuovo tempio, non ha dubbi. “Questo è un luogo accogliente per tutte le religioni, o anche per coloro che non hanno nessuna fede”, ha detto a ottobre, nel giorno dell’inaugurazione.

Nello spirito e nella struttura, l’edificio è stato costruito con l’intento di incarnare l’unità del genere umano, una convinzione centrale della fede bahá’í. Il luogo di culto è collegato ad una rete ideale con gli altri otto tempi bahá’í nel mondo, tra cui il Tempio a Wilmette, Illinois, e il Tempio del Loto a New Delhi, in India.

Hariri e il suo team creativo non volevano prendere ispirazione da altri edifici. Non doveva apparire come una moschea, una sinagoga o una chiesa in quanto ciò avrebbe potuto allontanare alcune persone.

“Abbiamo cercato così di prendere ispirazione da forme organiche: uno zigomo, le venature di una foglia, la curva di un paniere giapponese o il ripiegamento delle vesti nei dipinti degli antichi maestri”, ha spiegato l’architetto.

Al centro del progetto c’è l’idea della luce. “La luce è universale” e, secondo Hariri può agire come un simbolo di unità. Il tempio è stato progettato come una pianta che si muove per affrontare il sole. La luce del giorno passa attraverso il vetro di nove giganteschi pannelli di vetro e inonda il marmo bianco degli interni; dopo il tramonto, la luce dall’interno fa sì che la struttura continui a brillare nel silenzio della notte.

Il team multidisciplinare di Hariri ha utilizzato il software di modellazione tridimensionale Catia, che di solito viene usato per il design industriale e per l’ingegneria aerospaziale ma che solo raramente viene usato in architettura. Un’altra prodezza tecnica è stata l’installazione di un sistema di isolamento a pendolo per rendere la costruzione resistente all’attività sismica. Tre università, in Canada, Los Angeles e Cile, hanno collaborato per creare un sistema che permetta fino a 600 millimetri di movimento, un record.

Accanto alle soluzioni di avanguardia, sono stati adoperati materiali tradizionali e antichi. “Si tratta di un incrocio intenzionale tra l’antico e il nuovo assoluto. Non si tratta solo di architettura, è filosofia. Tutte le religioni del passato e quelle del futuro rappresentano un unico. Questa estensione in avanti e viceversa è molto simbolica”, ha spiegato Hariri.

La fede bahá’í racconta il rapporto dell’uomo nel suo storico e dinamico legame con Dio attraverso il concetto di relatività e progressività della religione, riconciliando così la Storia con ogni monoteismo e anche con le ere precedenti Abramo. La religione bahai conta circa 7 milioni di fedeli sparsi in oltre duecento Paesi e territori del mondo. Il tempio di Santiago è stato costruito per durare 400 anni: il tempo dirà se la teoria di una forma universalmente attraente possa davvero resistere così a lungo.

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