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Lo spettacolo sessista della politica è il prodotto della cultura e della società dell’io

Di Marco Testi

In effetti il dibattito, se lo vogliamo chiamare così, di St. Louis, qualche elemento di riflessione ce l’ha fornito. Non ovviamente i contenuti, perché di politica hanno parlato davvero poco i pretendenti alla Casa Bianca Trump e Clinton, se per politica intendiamo strategie di breve e medio termine. Si è notato che il colpo del ko non era cercato nelle prospettive, nei progetti politici, nella visione del futuro a stelle e strisce. Si è combattuto a suon di allusioni personali, e di accuse di sessismo.

Molti hanno rilevato che nella recente storia Usa il sesso è divenuto un luogo quasi comune. Non il sesso inteso come complemento di una vita familiare o comunque di coppia, ma come pruderie, ricerca del momento buono per avances più o meno lecite, talvolta da autobus affollato, curiosità da storielle licenziose, accoppiamenti più o meno da record.

La valutazione di questo per molti versi triste spettacolo esula dal puro e semplice moralismo, e viene da molto più lontano. Da una storia che ha lentamente portato alla ribalta della storia l’io. Quella che poi si è rivelata come una certa, parziale, idea di io. Non ci sono date precise: l’illuminismo non ha fatto altro che ripensare e modificare istanze profonde che venivano da molto lontano, dalla Grecia, dalla Roma repubblicana e poi imperiale, dallo stesso medioevo. Nel rinascimento si è consolidata l’idea di individuo che può da solo cambiare la storia, lottando a tu per tu con la “fortuna”: non è un caso che Machiavelli vedesse in Cesare Borgia, l’uomo forte capace di unificare l’Italia centrale per la sua “disinvoltura”. Quelle che abbiamo chiamato modernità e post-modernità hanno non solo continuato in questa ricollocazione dell’io al centro del sistema ideologico e civile, ma hanno ricercato la sempre più inesorabile caduta degli ostacoli (la morale comune, la religione) che si opponevano alla piena realizzazione dell’ego. Quello che è mancato è stato il tu, l’altro, la comunità intesa non solo e non tanto come somma di individui-isole, ma come comunione di persone che abbiano un progetto super-personale. Non è un caso che socialismo e comunismo non si siano presentati sulla faccia della storia come rivendicazioni individualistiche, ma come progetto sociale nuovo. Un progetto che anche nella realizzazione, ad esempio nel 1917 in Russia, è entrato in grande, inesorabile contrasto con le rivendicazioni “borghesi” di assoluta libertà, anche nell’arte, nella musica, nella letteratura. Molti intellettuali furono perseguitati e talvolta eliminati con l’accusa di proporre un’arte formalistica, individualistica, incomprensibile dal popolo. E i solerti rappresentanti dell’ortodossia indicavano proprio nella cultura popolare l’elemento fondante la “nuova” cultura. Solo che l’elemento popolare era intrinsecamente legato a quello religioso e qui cominciavano i distinguo e le abrasioni di una parte del passato “popolare”.

La cultura religiosa, da parte sua, ha sempre favorito l’elemento comunitario: la realtà mistica e eremitica è una parte di un mondo che ha nella comunità il suo nucleo portante. I grandi scrittori credenti, non solo cristiani, hanno sempre visto nell’amore verso l’altro, nella compassione attiva, un elemento basilare.

L’attuale spettacolo di scurrilità, di riferimenti sessisti e sessuali, la ricerca dell’effetto, e i protagonisti ne sono probabilmente ignari, non è che l’onda lunga di una realtà che si è lentamente assuefatta ad un io senza limiti. In mancanza di io carismatici, che pur attirando l’attenzione mediatica su di sé non devono rifugiarsi nei piccoli espedienti, l’individualismo prende l’aspetto della farsa inconscia, della recita, del mezzuccio. Non più eccezione, ma regola. Il fallimento delle esperienze del comunismo reale e la tentata, e mai completamente riuscita, rimozione del sacro, sono due facce della stessa medaglia, anche se quelle due realtà hanno poco in comune. Ma il sociale, il comunitario, la condivisione, la ricerca dell’altro come fine, di valori che non siano quelli legati alla bruta materialità, non possono essere cancellati. Anzi, dovremmo ripartire da questo per rifondare una diversa idea di mondo.

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