DIOCESI – Pubblichiamo l’intervista al Vescovo di Brescia, mons. Luciano Monari, su: Unione diocesi, le urgenze della Chiesa, la sinodalità e… il Paradiso.

Mons. Monari7

 

– Mons. Monari, più volte questa sera si è parlato di unità della Chiesa e del fatto che le diocesi non sono solo delle suddivisioni amministrative ma il luogo in cui una sola CHiesa si realizza, appunto attraverso comunità cristiane in comunione tra loro. Nell’ultimo consiglio permanente della Cei si è però discusso dell’unificazione delle diocesi: quale convenienza ci sarebbe e come si svilupperà nel concreto?

– Credo che siano due problemi diversi, nel senso che la questione giuridica delle diocesi nasce dall’utilità pastorale: se permette un servizio migliore alle persone e alle comunità allora si possono prendere in considerazione l’unificazione delle diocesi. E su questo ci sono ancora grandi discussioni e ancora non si hanno le idee molto chiare. L’altro discorso invece è un discorso di comunione che vale per tutte le diocesi, piccole o grandi che siano perchè entra in gioco il discorso delle complementarità, perchè in ogni comunità cristiana c’è il mistero della Chiesa ma ciascuna realizzazione è autentica solo se è in comunione con le altre, se vive con le altre e addirittura per le altre.

– Qual è l’urgenza della Chiesa italiana oggi?

– Sicuramente l’evangelizzazione del nostro mondo che spesso facciamo fatica ad intercettare che ha stili di vita ed interessi con i quali abbiamo poco a che fare. E’ un pò quello che spinse Papa Giovanni a fare il Concilio, cioè dire la fede in modo nuovo in modo che le persone ne rimanessero colpite. Poi la libertà di dire di si o di no, è ovvio, rimane alla persona ma almeno porre un interrogativo. Oggi, invece, sembra che il nostro modo di presentare la fede non intercetti il vissuto, cioè che la gente non lo sente come qualcosa di interessante. Questo è il problema più grande.

– Lei ha detto che l’identità ecclesiale nasce dalla relazione, che la Chiesa locale si identifica nella sinodalità e che i vescovi devono essere i collaboratori della gioia delle persona. Come si attua tutto ciò?

– Questo si attua con quel cammino di ascolto della parola di Dio, di eucarestia e di carità in cui consiste fondamentalmente l’esperienza di vita cristiana. E’ fondamentalmente un processo nel senso che la vita cristiana nasce nel momento in cui accolgo l’annuncio dell’amore di Dio per me e mi lascio riempire da questo annuncio in modo tale che i miei pensieri, i miei desideri, le mie scelte siano coerenti con l’amore che Dio mi dona. Ed è qui che parte il processo perchè non è che di colpo posso diventare capace di amare, di vivere per gli altri e così via però posso fare qualche passettino che mi riconduce al Vangelo e così via. Un processo, dunque, assolutamente vitale: quello che succede normalmente nella maturazione di una persona dal punto di vista relazione succede anche all’interno delle comunità cristiane in Cristo.

– Come descriverebbe il Paradiso o perlomeno come se lo immagina?

Lo immagino come quella condizione in cui la persona riesce a vivere la relazione con gli altri in una dimensione di dimenticanza di sè, di dono totale, di scambio delle proprie ricchezze. San Tommaso diceva che il bello del Paradiso è che ciascuno gode della gioia degli altri e questo è contagioso, una specie di gioco degli specchi che nasce quando si esce da una visione della vita isolata e si passa ad una visione di continua relazione con gli altri e quindi godo non sono di quello che sono ma anche di quello che sono gli altri. E questo non solo mi arricchisce di più ma allo stesso tempo fa sì che anche gli altri godono della mia gioia. Il Paradiso deve essere quello

 

 

 

 

 

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *