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Paralimpiadi: Abdellatif Baka, medaglia d’oro nel mezzofondo

Di Gianni Borsa

Matthew Centrowitz non è solo un campione di mezzofondo, è anche uno sportivo. E, in quanto tale, mentre si allena e gareggia per vincere, sa riconoscere se qualcun altro è più veloce, più forte, più in gamba di lui. Anche perché il cronometro parla chiaramente.
Centrowitz, statunitense, ha vinto la gara dei 1500 metri alle Olimpiadi di Rio: una medaglia d’oro sudata, fermando gli orologi a 3’50″00. Non un gran tempo, in verità, ma sufficiente per portare a casa il primo posto.
Poi arrivano le Paralimpiadi, sempre a Rio, dove vanno in campo, in piscina o in pista grandi atleti con le più diverse disabilità, superate di slancio con cuore, fegato e forza di volontà.E accade che nella competizione dei 1500 metri piani (classe T13, riservata agli ipovedenti) ben quattro atleti scendano sotto il tempo fissato da Centrowitz: la medaglia d’oro va all’algerino Abdellatif Baka che conclude il percorso – quasi quattro giri di pista – in 3’48″29. Baka, nato 22 anni fa a El Eulma, è ipovedente e ama correre; nel 2012 aveva vinto la gara degli 800 metri ai Giochi paralimpici di Londra. “Sono strafelice, peccato non esserci stato anche ad agosto”, ha dichiarato, ancora ansimante, ai microfoni delle tv.
A due passi dall’algerino ecco l’etiope Tamiru Demisse (3’48″49), medaglia d’argento; quindi il keniota Henry Kirwa (3’49″59), bronzo. La medaglia di legno di quarto classificato va all’altro algerino in pista, Fouad Baka (3’49″84), fratello del vincitore.

Anche perché i puristi del mezzofondo ci spiegheranno, a ragione, che ogni gara è un evento a sé stante a secondo del vento, dell’umidità, degli avversari in pista eccetera eccetera.
Eppure è lecito attendersi un confronto diretto tra Centrowitz e Baka? Non per stabilire chi sia il “migliore”, cioè il più veloce, ma solo per riaffermare, con senso di amicizia e sportività, nel più alto stile olimpico, che un atleta è un atleta, sostantivo senza aggettivi.Per dimostrare, inoltre, che i grandi atleti riconoscono il valore del gesto atletico, a chiunque esso appartenga.E per insegnarci, ancora una volta, a guardare alla disabilità o ad ogni forma di malattia e impedimento psico-fisico (generato magari dalla vecchiaia) come a una realtà che, prima o poi, ci piaccia o meno, attraversa l’esistenza di ciascuno.

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